Roma, dopo decenni di attesa, il 27 aprile 2022 le donne italiane hanno conquistato un diritto fondamentale per la parità di genere e finora negatogli dall’articolo 262 del codice civile: quello di poter dare ai figli il proprio cognome. La Corte costituzionale presieduta da Giuliano Amato e con la relatrice Emanuela Navarretta, ha sollevato davanti a se stessa la questione di costituzionalità del codice e ha fatto cadere questo tabù, dopo averlo inseguito per oltre un anno.

Il 14 gennaio del 2021, infatti, con il presidente di allora Giancarlo Coraggio, la Corte aveva affrontato la questione, dopo che una coppia di Bolzano aveva espresso la volontà di chiamare il figlio – nato fuori dal matrimonio – con il cognome materno. In tedesco avrebbe suonato, infatti, molto meglio di quello del padre.

È dunque piena “l’illegittimità costituzionale di tutte le norme che prevedono l’automatica attribuzione del cognome del padre, con riferimento ai figli nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio e ai figli adottivi“, come dichiarato dalla Corte.

Dopo la decisione, in attesa della sentenza, la Corte ha spiegato come sono cambiate le regole:

La regola diventa che il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell’ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due. In mancanza di accordo sull’ordine di attribuzione del cognome di entrambi i genitori, resta salvo l’intervento del giudice in conformità con quanto dispone l’ordinamento giuridico“.

Ritenendo “discriminatoria e lesiva dell’identità del figlio la regola che attribuisce automaticamente il cognome del padre” è stato inoltre spiegato che “nel solco del principio di eguaglianza e nell’interesse del figlio, entrambi i genitori devono poter condividere la scelta sul suo cognome, che costituisce elemento fondamentale dell’identità personale“.

La decisione è stata presa poiché le regole attuali violano gli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La Corte Europea di Strasburgo aveva, infatti, già contestato all’Italia il cognome unico.

Nel 2022 è caduto quindi l’articolo 262, che recita: “Il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume il cognome del padre“.  Era il 2006 quando, per la prima volta, la Consulta scriveva che il solo cognome paterno è “il retaggio di una concezione patriarcale della famiglia e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con il valore costituzionale dell’uguaglianza uomo donna“.

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