Nuovi inquietanti retroscena emergono in merito alla morte della giornalista svedese Kim Wall, scomparsa il 10 agosto scorso dopo essersi imbarcata a bordo del sottomarino di Peter Madsen, in Danimarca, e il cui corpo decapitato e la testa sono stati trovati in mare nelle settimane successive.

Dal processo ai danni dell’inventore danese Peter Madsen, accusato di aver ucciso la giornalista, iniziato l’8 marzo, si scopre che il presunto omicida avrebbe cercato sul suo computer e sul suo iPhone diversi contenuti multimediali relativi a torture, decapitazioni e violenze sessuali nei confronti di donne.

Come riporta TPI, a rivelarlo il procuratore danese Jakob Buch-Jepsen, il quale ha spiegato che la polizia ha trovato sui dispositivi di Madsen oltre 140 clip e link con scene di omicidi, torture, decapitazioni e violenze sessuali ai danni di donne.

Nel dettaglio, il procuratore ha fatto sapere che proprio la notte prima dell’omicidio di Kim Wall l’uomo ha cercato su Google le parole “decapitazione” e “ragazza”, ricerca culminata con la visione di un video in cui una donna veniva barbaramente uccisa con il taglio della gola.

Il giorno del giudizio per Peter Madsen sarà il 25 aprile, quando verrà emesso il verdetto per le accuse di omicidio, vilipendio di cadavere e atti sessuali di natura pericolosa.

La giornalista Kim Wall, 30 anni, era salita a bordo del sottomarino di Peter Madsen, da lui inventato, il 10 agosto scorso per scriverne un articolo. Da quel giorno Kim Wall non è più stata vista e l’imbarcazione è affondata proprio poche ore dopo che la giornalista è salita a bordo. Il corpo della ragazza fu ritrovato a pezzi nelle settimane successive dai sub della polizia danese nei fondali della baia di Koge. Peter Madsen nega di essere l’assassino, ma ha ammesso di aver fatto a pezzi il cadavere della donna. Inizialmente l’uomo spiegò che si trattò di un guasto al sottomarino a causare la morte della giovane donna.

Peter Madsen è un ingegnere aerospaziale e cofondatore di Copenhagen Suborbitals, un programma amatoriale spaziale finanziato con il crowdfunding..

La Wall collaborava con diverse testate internazionali come The New York Times, Harpers, The Guardian, VICE Magazine, South China Morning Post, Foreign Policy TIME. 

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