"Dottoressa, si tiri giù le mutande", richiesta choc al concorso per magistrati

La giovane avrebbe subito una brusca perquisizione durante il concorso per magistrati da parte di due agenti della polizia penitenziaria: le avrebbero chiesto di spogliarsi interamente. Lei ha rifiutato e denunciato tutto pubblicamente.

Cristiana Sani ha 30 anni e sogna di diventare una magistrata: per questo motivo ha deciso di partecipare al concorso pubblico per magistrati e, pochi giorni fa, con un post su Facebook, ha deciso di denunciare pubblicamente quanto sarebbe accaduto durante la prova. La giovane, infatti, avrebbe subito una brusca perquisizione durante il concorso per magistrati da parte di due agenti della Polizia Penitenziaria: le avrebbero chiesto di spogliarsi interamente per mostrare loro di non avere addosso dei bigliettini. Per evitare, dunque, che i partecipanti potessero copiare da appunti portati da casa, i due agenti della Penitenziaria avrebbero preteso che la giovane si spogliasse poco prima della terza prova dell’esame tenutosi alla Fiera di Roma.

E non sarebbe stata l’unica. “Ho visto una ragazza uscire dal bagno piangendo. Il clima era pesante e intimidatorio” ha raccontato la ragazza al quotidiano “La Repubblica” che l’ha raggiunta per chiarire meglio come sono andati i fatti. Stando al suo racconto, dopo le prime due ore e mezzo di esame, ai candidati è stato concesso di recarsi in bagno ma, vista la fila che si era creata, due agenti della penitenziaria avrebbero ordinato ad alcune giovani di usare i servizi esterni. Loro, però, si sarebbero rifiutate. “Faceva freddo e avremmo perso tempo prezioso per ultimare la prova” ha spiegato. A quel punto i due agenti sono passati dalle parole ai fatti.

Alle ragazze avrebbero cominciato una perquisizione in cerca di bigliettini trattandole duramente: “Mi hanno detto di mettermi in un angolo del corridoio del bagno, dove chiunque poteva vedermi, chiedendomi di alzare la maglietta, di slacciare il reggiseno e poi mi hanno pure chiesto di tirare giù i pantaloni” ha raccontato. Ovviamente, anche in questo caso, l’aspirante magistrata si è rifiutata: “Mi sentivo umiliata e ferita. Eppure lavoro nei centri antiviolenza e credevo di essere pronta a reagire a un abuso del genere”.

Il post della giovane non è visibile a chi non è “amico” dell’aspirante magistrata su Facebook: presto, però, seguirà un esposto al Csm e alla Procura per far luce su una spiacevole vicenda. In suo sostegno sono intervenute però alcune associazioni, come D.i.Re Donne in Rete contro la Violenza:

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