Elnaz Rekabi, dopo aver gareggiato senza hijab, è scomparsa

Da lunedì 18 ottobre non si hanno notizie della scalatrice iraniana. Ai campionati asiatici di arrampicata a Seul, in Corea del sud, aveva compiuto un gesto storico in solidarietà con le proteste divampate nel Paese dopo l'uccisione di Mahsa Amini.

Le proteste in Iran dopo l’uccisione di Mahsa Amini hanno ricevuto la solidarietà della scalatrice iraniana Elnaz Rekabi che, schierandosi contro il regime della Repubblica islamica, ha gareggiato senza hijab ai campionati asiatici della Federazione internazionale dell’arrampicata sportiva (Ifsc) a Seul, in Corea del sud, infrangendo così la legge. Da lunedì 17 ottobre 2022 non si hanno più sue notizie e si teme che possa essere stata prelevata dalla polizia per venire condotta nel carcere di Evin, a Teheran.

Per legge, le donne iraniane sono obbligate a indossare il velo anche quando partecipano a competizioni sportive. Rekabi, un’atleta molto nota nell’arrampicata, aveva finora utilizzato un’hijab appositamente modificato per fare sport, ma domenica aveva deciso di gareggiare senza per protestare contro il regime del Paese, come molte altre donne stanno facendo.

Si era classificata quarta, ma a fare clamore era stato soprattutto il suo gesto storico e potente, le cui immagini avevano fatto il giro del mondo.

Lunedì mattina era previsto il suo rientro in Iran ma, come riporta Il Post, da lunedì sera non si hanno più informazioni di dove si trovi e una fonte vicina a Rekabi ha detto che i suoi amici non riuscirebbero a mettersi in contattao con lei.

Inoltre, una fonte, che ha voluto rimanere anonima, ha detto a BBC che all’atleta sarebbero stati tolti passaporto e telefono, e che si tema possa essere incarcerata una volta tornata in Paese. È quello che sostiene anche IranWire, sito gestito da oppositori del regime in Iran, secondo cui Elnaz Rekabi sarebbe stata condotta nella sede dell’ambasciata iraniana a Seul da Reza Zare, il responsabile della federazione di arrampicata del paese, su ordine del capo del comitato olimpico iraniano, Mohammad Khosravivafa.

Secondo i giornalisti dissidenti, una volta là, sarebbe stata informata dell’arresto di suo fratello, Davud Rekabi, in Iran, utilizzato come ostaggio. A quel punto lei avrebbe consegnato il suo passaporto e il suo telefono con la promessa che la sua incolumità – e quella del fratello – non fossero in pericolo.

In realtà, sempre secondo IranWire, una volta tornata in Iran Rekabi verrà portata direttamente nel carcere di Evin, a Teheran. Al momento Rekabi dovrebbe trovarsi ancora a Seul.

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