Giorgia Soleri sull'aborto: "Avevo 21 anni, la ginecologa mi aggredì. La 194 ha lacune enormi"

In un'intervista al Corriere della Sera, attraverso le pagine de La Signorina Nessuno, la poetessa ha ripercorso uno dei momenti più difficili della sua vita. Ha raccontato che cosa ha dovuto affrontare per esercitare il suo diritto a interrompere la gravidanza.

Giorgia Soleri si è raccontata in un’intervista al Corriere della Sera, durante la quale – attarverso le pagine del suo libro La Signorina Nessuno – ha ripercorso alcuni momenti difficili della sua vita. Non solo per quanto riguarda l’endometriosi e la vulvodinia, patologie di cui soffre fin da giovanissima e per cui si spende quotidianamente come attivista, ma anche in merito all’aborto, che lei ha affrontato all’età di 21 anni non senza difficoltà: tra le altre, anche alcune che in realtà non si aspettava di incontrare.

Infatti, Soleri ha raccontato quest’esperienza così:

Ero giovanissima, avevo problemi di salute mentale ed economici, non avevo un lavoro con entrate certe. Il momento in cui mi sono interfacciata col mondo sanitario è stato un’esperienza che mi è stata fatta vivere in modo estremamente negativo.

La poetessa ha continuato:

Sono andata in consultorio e sono stata aggredita dalla ginecologa, che mi sgridò dicendo che noi giovani facciamo sesso senza precauzioni e usiamo l’aborto come contraccettivo, senza sapere nulla della mia storia.

Secondo Giorgia Soleri, la legge 194 sull’aborto ha lacune enormi, che dovrebbero essere prese in considerazione. Invece, come ha sostenuto, “rimane una legge fuori dal periodo storico in cui viviamo“. Soleri ha quindi descritto lo svolgimento della prassi per chi desidera abortire, definendo violente e invadenti le domande che vengono poste alle donne:

Un’assistente sociale indaga sulla tua famiglia per capire se ci siano traumi che ti hanno portato ad abortire con domande violente e invadenti a cui non vorresti rispondere poiché, qualsiasi sia il motivo della scelta, l’aborto è un diritto. Per sette giorni devi soprassedere, non puoi abortire: è come se lo Stato dicesse ‘ti permetto di fare questa cosa brutta, tu vai in castigo sette giorni, pensaci, se hai ancora il coraggio di farlo, va bene’. Ci sono donne che abortiscono senza senso di colpa, è ingiusto obbligarle a vivere questa esperienza in modo traumatico quando è possibile accompagnarle. Piuttosto di un colloquio con l’assistente sociale, proporrei delle sedute di psicoterapia.

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