"La Sirenetta": com'è il live action Disney tra rivisitazioni, polemiche e messaggi ecologisti

Dall'accusa di blackwashing a quella di voler spazzare via un'intera civiltà a colpi di politicamente corretto, Ariel, principessa Disney figlia del re del mare, si appresta a dominare i botteghini con un inno all'inclusività e un appello alla salvaguardia degli oceani che non dovrebbe lasciar nessuno indifferente.

Se odiate i cartoni e i film Disney, detestate le principesse Disney e ritenete Walt Disney tra i più pericolosi criminali del Novecento, La Sirenetta in live action non fa per voi; ma non fa per voi neanche se siete convinti che il politicamente corretto stia distruggendo la cultura occidentale.

Halle Bailey, la cantante e attrice statunitense che presta voce e volto alla giovane sirena nata dalla penna dello scrittore danese Hans Christian Andersen (nel 1837), è nera e ha lunghissimi dread rossi, decisamente lontana dall’iconografia con cui siamo, noi bianche e bianchi caucasici, abituati a pensarla. Siamo talmente assuefatti alla rappresentazione di protagoniste e protagonisti, in fiabe e racconti vari, coi nostri tratti somatici e colori  che l’entrata in scena di una sirena nera pare sia un reato di lesa maestà; a guardar bene, però, non scalfisce di una virgola il nostro privilegio: il mondo continua a essere creato a nostra immagine e somiglianza, eppure ogni giorno si trova a essere un po’ più ampio, variegato e ricco. Allo stesso tempo, in molti hanno accusato invece la Disney di blackwashing, quella pratica secondo la quale l’industria cinematografica assegnerebbe ruoli appartenenti originariamente a caucasici ad attori e attrici afrodiscendenti: una passata di colore per lavarsi la coscienza dal razzismo endemico alla nostra parte.

L’affronto prosegue, però, perché oltre a mettere a rischio il nostro primato bianco, La Sirenetta eccede anche con l’empowerment femminile: Ariel è adolescente riottosa alle regole, non ha alcuna intenzione di godersi i privilegi del suo essere la figlia del re del mare e restarsene in mezzo alla barriera corallina senza far nulla ed è mossa dallo stesso desiderio di conoscenza del principe di cui si innamora. Fin qui, anche se ai suprematisti è di certo più congeniale una principessa che spazza a terra fin quando viene salvata da una matrigna cattiva dall’eroe senza macchia e senza paura, ci potevano, ob torto collo, pure stare; il problema, però, è che lì alla Disney hanno deciso che i tempi cambiano e che l’opinione pubblica di questo secondo ventennio sia altra da quella sul finire degli anni Ottanta.

«Ci sono alcune modifiche nel testo di Kiss the Girl (Baciala in italiano, ndr,), perché la gente è diventata molto sensibile all’idea che [il Principe Eric] possa forzare in qualche modo [Ariel]», ha spiegato in un’intervista a Vanity Fair il compositore Alan Menken (che nel 1990 ha vinto due Oscar: per la colonna sonora e per la canzone, con le parole di Howard Ashman, Under the Sea, diventata da noi In fondo al mar), che ha poi aggiunto che è stata revisionata anche la Canzone di Ursula: «Poor Unfortunate Souls nelle strofe che potrebbero in qualche modo trasmettere alle bambine l’idea che non dovrebbero parlare quando non è loro richiesto, anche se Ursula sta chiaramente manipolando Ariel per farla rinunciare alla sua voce». Anche in questo caso, per i detrattori del politicamente corretto c’è un evidente tentativo di spazzare via la nostra cultura.

Par strano, dunque, che siano ancora passate inosservate alcune epurazioni: rispetto alla versione originale del 1989, in quella odierna manca la battuta “qualcuno dovrebbe porre fine alle sofferenze di quel povero animale“, pronunciata dal principe Eric mentre Scuttle (trasformato da gabbiano in una sula bassana,  un uccello marino che usa tuffarsi e nuotare per nutrirsi) canta una serenata; scomparsa “sgualdrinella che non è altro“, come viene definita Ariel da Ursula nella versione italiana (“little tramp” in quella originale). A sentirle con orecchie di oggi, bisogna ammetterlo, sarebbero state stridenti.

Superate queste sterili polemiche, de La Sirenetta resta non solo e non tanto un inno all’inclusione e alla diversità, ma un potente e importante appello alla salvaguardia degli oceani, della fauna e della flora marina che gli esseri umani ogni giorno mettono a repentaglio con i loro rifiuti, con la loro pesca intensiva e con l’inquinamento. Perché, alla fine, il messaggio più forte che il nuovo film di  casa Disney lancia alle nuove generazioni, quelle che il futuro – se non tiriamo il freno a mano e facciamo inversione – avranno sempre più funestato da sconvolgimenti climatici ed estinzioni di intere specie animali, è che conoscere ciò che è diverso da noi stessi ci aiuta a comprenderlo e a non temerlo. Aver sempre presente che in fondo al mar c’è vita ( e forse “il luccio è il re del blues“…), può aiutare tutti quanti noi a usare meno plastica (secondo Greenpeace ogni anno finiscono in mare 8 milioni di tonnellate di microplastiche e plastica monouso non riciclata) e meno detersivo, a evitare acquisti da pesca intensiva, ad affrontare l’oceano (ma anche i mari, i fiumi e i laghi) con quel rispetto che si deve quando si entra in casa d’altri.

Abbiamo saputo creare delle cose bellissime, ci dice Ariel, come cannocchiali e “arricciaspiccia”, statue, lampadari di cristalli e mappe per affrontare mondi sconosciuti; ma abbiamo anche la capacità e il potere di distruggere il Pianeta, che è nostro ed è dei granchi, dei gabbiani, dei cani, dei salici e dei coralli, ma anche di sirene e di tritoni, nati dalla nostra incredibile, magnifica, creatività.

La Sirenetta
Halle Bailey e Jonah Hauer-King in La Sirenetta (Photo courtesy of Disney. © 2023 Disney Enterprises, Inc. All Rights Reserved)

Perché vedere La Sirenetta

Riuscirà la rivisitazione del classico Disney a emozionare le nuove generazioni che non sono cresciute con il film d’animazione come ha fatto, invece, quella dei genitori? Staremo a vedere coi dati del box office, certo è che gli ingredienti per piacere ci sono tutti: una sceneggiatura impeccabile, con piccoli cambiamenti dall’originale Disney che rendono più plausibili alcune scelte narrative, una presenza scenica imponente di due star come Javier Bardem e Melissa McCarthy che, quando sullo schermo, divertono e coinvolgono come non riescono i due più giovani protagonisti, una colonna sonora che in questi oltre 30 anni non ha perso un pizzico del suo splendore (e del suo ritmo travolgente). Certo, la versione italiana non può contare sulla voce di Halle Bailey (anche se Yana C è all’altezza del compito) né del rapper Daveed Diggs, tragicamente doppiato da noi da Mahmood, che se la cava con le due canzoni di Sebastian ma che con la recitazione è davvero fuori fuoco, o della rapper Awkwafina. Ci si potrà rifare quando il film arriverà sulla piattaforma Disney+. Intanto, grazie al grande schermo della sala, sarà possibile godere in tutto il suo splendore del popolo degli abissi creato in digitale dal reparto guidato da Tim Burke: il regno sotto il mare di Tritone tutto coralli e anemoni è una gioia per gli occhi, ma l’isola caraibica dove vive il principe Eric, costruita tra i teatri di posa fuori Londra e alcune location sarde non è da meno.

Infine, difficile non incantino i look creati dalla mitica Colleen Atwood (è a lei che si deve, tra i tanti guardaroba celebri, quello di Mercoledì Addams della fortunata serie tv Netflix) per Ariel e le sue sei sorelle (Caspia, Indira, Karina, Mala, Perla, Tamika), ognuna delle quali rappresenta uno dei sette mari. Per loro, l’Hair and Make-Up Designer Peter Swords King ha pensato una varietà di acconciature diverse che si sposassero al meglio alle loro differenti personalità: alcune hanno code di cavallo e trecce, altre hanno i capelli lisci fino alla vita e altre sulle spalle, in un tripudio che certo farà la felicità dei produttori delle bambole che – c’è da scommetterci  – seguiranno all’uscita del film.

Certo è che della favola della Sirenetta innamorata di un umano quello che resta, così come succedeva nel precedente animato, è quel rapporto padre-figlia conflittuale ma pieno di tenerezza, così adatto a far piangere chi ha cuore debole e commozione facile.

La Sirenetta
Halle Bailey è Ariel ne La Sirenetta (Photo courtesy of Disney. © 2023 Disney Enterprises, Inc. All Rights Reserved)

Scheda del film Disney

La Sirenetta racconta la storia di Ariel, figlia giovane e ribelle di re Tritone che si innamora del principe Eric. Ursula, la malvagia strega del mare, le darà la possibilità di sperimentare la vita sulla terraferma a costo, però, della sua preziosa voce.

Il musical è interpretato da Halle Bailey nel ruolo di Ariel e di Jonah Hauer-King nel ruolo del principe Eric; Javier Bardem è re Tritone, mentre Melissa McCarthy è Ursula. Il granchio Sebastian è doppiato in originale da Daveed Diggs e in italiano da Mahmood.

Diretto da Rob Marshall (due candidature agli Oscar per Chicago e Il ritorno di Mary Poppins) e sceneggiato da David Magee, il live action conta sulle musiche composte dal pluripremiato agli Academy Award Alan Menken (La Bella e la Bestia, Aladdin), con i testi di Howard Ashman e i nuovi testi di Lin-Manuel Miranda (tre volte vincitore del Tony Award). La scenografia è di John Myhre, collaboratore storico di Marshall (con cui ha vinto due Oscar, per Chicago e per Memorie di una geisha), mentre i costumi sono di Colleen Atwood, costumista da 12 candidature agli Oscar e 4 statuette vinte (per Chicago e per Memorie di una geisha, diretti da Marshall, Alice in Wonderland, di Tim Burton e Animali fantastici e dove trovarli di David Yates).

Il lungometraggio è stato girato tra i Pinewood Studios in Inghilterra e alcune località della costa settentrionale della Sardegna, tra Santa Teresa di Gallura, Aglientu, Castelsardo e Golfo Aranci.

La Sirenetta è nei cinema italiani dal 24 maggio 2023, distribuito da The Walt Disney Company Italia.

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