Il film Rapito, di Marco Bellocchio, ha di recente riportato l’attenzione di tutti la tragica storia del piccolo Edgardo Mortara, il bambino ebreo strappato alla sua famiglia d’origine quando aveva solo 6 anni da Pio IX che infine divenne prete.

Alla metà dell’Ottocento, papa Pio IX regnava su un territorio non molto vasto d’Italia (in seguito agli scontri con gli illuministi), che andava da Roma fino a Bologna. Fu in questa città che, il 23 giugno del 1858, avvenne il rapimento del piccolo Edgardo. Fu il maresciallo Lucidi a recarsi dalla famiglia del piccolo per dare una notizia incredibile.

“Mi spiace il dirlo: loro sono vittima di un tradimento. Il loro figlio Edgardo è stato battezzato e io ho l’ordine di condurlo meco”, disse il maresciallo al padre del bambino. Edgardo era infatti stato battezzato in segreto dalla domestica di casa, Anna Morisi, una ragazza cristiana di appena 15 anni. La ragazza teneva molto al bambino e quando quest’ultimo contrasse una grave malattia, la preoccupazione la spinse a farlo battezzare con lo scopo di salvare la sua anima, com’era consuetudine all’epoca. Il piccolo in seguitò guarì senza ulteriori problemi.

La faccenda rimase nascosta a lungo, ma alla fine venne fuori, non si sa esattamente come. Edgardo venne quindi portato lontano dalla famiglia, in un luogo segreto, e a nulla servirono le proteste dei genitori e della comunità ebraica. La legge dello Stato Pontificio stabiliva che tutti i battezzati dovevano ricevere un’educazione cattolica. E Edgardo non faceva eccezione, nonostante le sue origini ebree.

In teoria, la Chiesa proibiva il battesimo di bambini non cattolici, ma questa regola poteva essere ignorata qualora il bambino fosse stato in punto di morte. La comunità ebraica tentò di di evitare l’allontanamento del bambino da casa, asserendo che l’acqua utilizzata per il battesimo di Edgardo era stata tenuta in un secchio, quindi era priva delle “qualità volute dalla Chiesa”; ma tali affermazioni non sortirono alcun cambiamento sulla decisione ormai presa dalla Chiesa.

Gran parte delle persone si dimostrò solidale con la famiglia di Edgardo e il caso attirò l’interesse delle comunità ebraiche internazionali. Proprio questo episodio fece nascere a Parigi l’Alleanza Israelitica Universale. Anche Cavour, Bismarck e Napoleone III criticarono aspramente la decisione papale, ma il Papa si dimostrò sordo a tutte le accuse, dichiarando che queste provenivano “principalmente da protestanti, atei ed ebrei”.

La famiglia di Edgardo poté rivedere il piccolo solo diverso tempo dopo, in presenza di alcuni sacerdoti. E in questo incontro fu chiaro che Edgardo si sentisse ancora vicino alla religione ebraica. “Sai, la sera recito ancora lo Shemà Israel (“Ascolta Israele”)”, disse il bambino alla madre.

Nel novembre del 1867 Edgardo pronunciò i voti e gli venne dato il nome di Pio Maria, in onore del padre adottivo, Pio IX. Nel corso della vita si avvicinò sempre più alla regione cattolica e tentò anche di convincere i suoi genitori (con cui mantenne una corrispondenza saltuaria) a convertirsi. Nel 1871 pronunciò i voti solenni.

A distanza di molti anni, la vicenda di Edgardo porta con sé ancora tanta rabbia. E la decisione di Giovanni Paolo II di beatificare Pio IX non fu presa affatto bene. Elèna Mortara, la cui bisnonna era sorella di Edgardo, dichiarò aspramente: «Segregato e indottrinato dai sei anni in poi perché diventasse sacerdote, aveva sviluppato il tipico attaccamento del prigioniero verso i suoi carcerieri che si osserva a volte anche nelle vittime adulte dei sequestri. E aveva visto nel pontefice una figura paterna, sviluppando un forte senso di colpa per i “dolori immensi” che, secondo quanto gli veniva ripetuto dallo stesso rapitore, pensava di avergli arrecato attirandogli contro tante polemiche».

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