È tornato in ospedale Omar Pedrini, precisamente all’Humanitas Gavazzeni di Bergamo, dove si è ricoverato per qualche giorno in attesa di scoprire se dovrà subire un nuovo intervento al cuore. Il cantante e chitarrista, ex membro dei Timoria, convive ormai da anni con problemi cardiaci.

L’artista ha subito in poco tempo sei interventi, quattro dei quali nell’ultimo anno e mezzo: “Da plurioperato, il mio corpo quasi bionico ha mille coaguli, aderenze, protesi, non è terreno facile per un chirurgo. – spiega Pedrini sulle pagine del Corriere della SeraUsare la tecnica robotica e non dovermi aprire è un grande vantaggio”.

Intanto ha fatto sapere di aspettare con ansia il parere dei dottori Agnbino, Paolo Panisi e Valentina Grazioli, a quali rivolge solo parole di gratitudine“Mi hanno accolto come se fossi il Papa, con competenza e umanità. Il vostro ospedale è un orgoglio lombardo”.:

La scelta di rivolgersi alla clinica bergamasca, dopo essere stato curato a Bologna, arriva dal consiglio del suo cardiologo, Alberto Lanzone: “Mi è stato scoperto un affaticamento cardiaco importante. (…) Mi ha consigliato l’Humanitas Gavazzeni, dove ha lavorato per cinque anni, per compiere accertamenti ed esami di alto livello. Ho anche un cuore un po’ ipertrofico, più grande del normale”.

Il primo intervento al cuore del musicista risale al 2004, quando fu operato d’urgenza. Poi, dieci anni dopo, un malore al termine di un concerto a Roma e “Un’altra corsa in ospedale. Nel primo avevo un picco di pressione a 250. Mi sono sentito un cretino a non averla mai controllata e a non aver mai fatto un ecocardiogramma”.

Proprio per questa sua esperienza Omar Pedrini lancia un appello a favore della prevenzione: “Agli amici e ai lettori consiglio di provare la pressione e fare un tagliando a se stessi. E non solo alla macchina”. E poi un pensiero sulla sua vita, vissuta seguendo le parole di Kurt Vonnegut “Quando siete felici fateci caso”, senza dimenticare la spada di Damocle che pende sulla testa di ognuno:

Tutti ne abbiamo una: è sostenuta da un crine di cavallo, il mio è solo più sottile della media. E come me c’è chi ha una malattia oncologica o infettiva, come si è visto a Bergamo e Brescia, dove la pandemia ha spazzato via una generazione. Di sicuro la spada di Damocle ti porta a essere a posto con la tua coscienza ogni volta che chiudi gli occhi; a comportarti meglio nei rapporti umani: non hai voglia di litigare se domani hai una visita per cui preghi Dio che vada bene. E poi, ti godi il presente. Non immagina con che occhi guardo i miei bambini…”.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!