Mentre a Torino, sabato scorso, la manifestazione contro la violenza delle donne andava avanti, come in molte città italiane, e i nomi delle vittime di femminicidio riecheggiavano da più parti, alcuni cartelloni spiccavano su altri. “No alla violenza domestica in Kazakistan”, “Non alla violenza domestica in tutto il mondo”, e accanto il nome di una donna, Saltanat Nukenova, morta per mano di suo marito il 9 novembre scorso. A dare risalto a questi cartelli è stata Selvaggia Lucarelli, che sul suo account Instagram ci racconta la storia di questa vittima e il dramma dei femminicidi che si sta consumando anche nel Paese dell’Asia Centrale.

Instagram @selvaggialucarelli

Aveva 31 anni Saltanat Nukenova, ed era sposata con Kuandyk Bishimbayev, ex ministro dell’Economia. In Kazakistan il nome di questa giovane donna è molto conosciuto: il suo femminicidio ha acceso anche in questo Paese il dibattito sulla violenza di genere e sulla violenza domestica, e ora si chiede a gran voce che vengano riconosciuti come delitti specifici e puniti con pene severe. Qui, infatti, percosse e l’inflizione intenzionale di lesioni personali lievi, sono stati depenalizzati nel 2017.

Con una petizione che ha già superato le 150mila firme, ora la popolazione del Kazakistan chiede che questi reati vengano nuovamente re-criminalizzati. Anche il deputato parlamentare, Zhuldyz Suleimenova, del partito al potere Amanat, ha proposto la criminalizzazione di tutte le forme di violenza contro donne e bambini, come riporta il sito di Human Right Watch, e l’istituzione di un’autorità separata per combattere la violenza domestica.

Saltanat Nukenova è morta il 9 novembre, picchiata fino alla morte da suo marito, l’uomo che ha esercitato su di lei tutto il suo potere fisico e piscologico sin da quando si erano conosciuti. La 31enne, voleva separarsi, un affronto troppo grande per l’ex ministro, che durante una cena nella saletta privata di un ristorante di proprietà della sua famiglia, l’ha uccisa, spaccandole letteralmente la testa a suon di botte. Soccorsi chiamati in ritardo, video delle telecamere cancellati, tutto a proteggere Kuandyk Bishimbayev che, prendendo in prestito le parole di Elena Cecchettin, non è l’ennesimo mostro, ma figlio sano del patriarcato.

Il femminicidio si Nukenova, uno dei 400 in media all’anno che avvengono in questo Paese, ha smosso qualcosa: la gente sta scendendo in piazza anche in Kazakistan e in un video pubblicato il 17 novembre, tanti tra atleti, artisti, uomini d’affari, blogger e avvocati hanno chiesto misure più severe per arginare la violenza contro le donne, inclusa la criminalizzazione della violenza domestica.

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