Se i vigili "hanno fatto bene" a pestare una donna inerme e disarmata

Se quindi pensiamo che i vigili “hanno fatto bene” ad aggredire in quel modo una donna inerme e disarmata, allora accettiamo e ammettiamolo che a discapito di tutta l’evoluzione, siamo ancora fermi all’idea che quello che ci serve nella vita è avere la clava più grossa.

Il video dell’aggressione dei vigli avvenuta il 24 maggio a Milano, registrato per puro caso dal primo piano della biblioteca della Bocconi in via Sarfatti ai danni di Bruna (il cognome non è noto), donna trans quarantenne, basterebbe da solo per poter giudicare la faccenda.

La violenza esercitata dagli agenti in quel video non è infatti giustificabile in nessun modo. La donna è disarmata, è inerme, alza le mani per difendersi dal manganello e dallo spray, eppure non basta per fermare la rabbia degli agenti, ben al di là di qualsiasi ”effetto adrenalinico”, come l’ha voluto definire il sindacato della Polizia, che ha ovviamente difeso gli uomini elogiandone i meriti, come riporta il Corriere.

Sulla vicenda sono stati versati già litri di inchiostro, per lo più per diffondere falsità. Si è detto come la donna avesse molestato dei bambini fuori da una scuola, mostrando addirittura i genitali. Cosa però smentita dalla stessa Procura. Bruna, raggiunta dal Corriere, ha raccontato di essersi lanciata in schiamazzi contro dei peruviani che la stavano insultando. Nessuna scuola o bambino di mezzo.

Qui non voglio però soffermarmi sulla vicenda in sé, per cui è stata già aperta un’inchiesta, ma sulla reazione del pubblico social che ha seguito un copione fin troppo abusato in questi casi, ovvero la tendenza a giustificare alle forze dell’ordine atteggiamenti che non tollereremmo in nessun altro caso.

Molte persone, anche sulla nostra pagina, hanno scritto che se gli agenti hanno agito così, un motivo DEVE esserci. E la capisco questa esigenza di prevedere a tutti i costi un motivo sensato per giustificare una tale violenza, perché lo Stato non è mica una gang di strada, i suoi rappresentanti non possono agire come dei criminali e tale convinzione è tanto radicata in molte persone, che pure di fronte all’evidenza, la si negherà, perché si “è sempre dalla parte delle forze dell’ordine”, per citare uno slogan caro a certi politici.

E quando la verità sarà provata e comprovata e negarla andrebbe a discapito della propria reputazione intellettiva, si parlerà di “mele marce”, ignorando il fatto che forse a essere marce sono le radici dell’intero frutteto se la quantità dei casi è questa.

Un atteggiamento, quindi, che non risolverà in alcun modo i motivi per cui tali episodi continuano ad accadere, e il motivo vero è che parte della nostra società considera ancora la violenza uno strumento adeguato per mantenere l’ordine, anche quando questa non ha alcuno scopo protettivo, ma ha solo quello punitivo.

Si è detto che la donna ha molestato dei bambini (ripeto: cosa non vera) e perciò le botte a terra diventano giustificabili, perché bisogna vendicare un tale comportamento. Non basta l’arresto e la detenzione, no: nulla ci dà più soddisfazione che applicare la cara e vecchia legge del moncone, perché ci riempiamo la bocca di belle parole e principi, ma molti di noi sono ancora ancorati a quegli istinti primordiali da cavernicoli e anzi, vorrebbero riportarli in auge.

E guarda caso, questa violenza si esercita sempre verso gli emarginati e i più deboli. Bruna è una donna straniera e trans, l’emblema di tutto ciò che la società considera diverso e sbagliato. Perché ci vuole coraggio per arrabbiarsi contro quelli più forti di noi, mentre basta essere dei vigliacchi per sfogarsi contro i deboli.

Se quindi pensiamo che i vigili “hanno fatto bene” ad aggredire in quel modo una donna inerme e disarmata, allora accettiamo e ammettiamolo che a discapito di tutta l’evoluzione, siamo ancora fermi all’idea che quello che ci serve nella vita è avere la clava più grossa. Per “ammorbidire” (altro termine usato dal sindacato) non certo per uccidere, per carità. “Effetto adrenalinico permettendo”, come testimoniano i casi Cucchi e Aldrovandi.

Siamo onesti con noi stessi e diciamocelo che la pace e l’ordine a cui aspiriamo è la pace da cimitero, dove ogni deviazione dalla norma viene repressa a colpi di manganello. Smettiamola di chiamare “buonisti” chi solleva la mano per ricordare il rispetto dei diritti fondamentali e iniziamo a chiamare noi stessi per quello che siamo: violenti.

La coerenza non è preziosa quanto la giustizia o la libertà, ma è pur sempre un valore, quindi almeno iniziamo a essere coerenti, con la speranza di non incontrare mai qualcuno con una clava più grossa della nostra.

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