La terapia mentale viene spesso considerata un supporto per quelle persone che non sanno affrontare le sfide della vita. Ai deboli, in pratica. Una convinzione profondamente errata, comune a tante persone, ma che nella comunità nera è ancora più diffusa, tanto da portare a considerare salute mentale e psicoterapia dei grandi tabù.

Dana Givens, giornalista freelance, ha raccontato la sua personale esperienza di donna di colore cresciuta ad Harlem in un articolo pubblicato sul New York Times. “Ero un’impiegata di 22 anni che lavorava per un’azienda di alto profilo quando sono crollata sul pavimento del bagno a lavoro”, racconta Dana. “Non sapevo cosa stesse succedendo, né l’avevano quelli intorno a me. Il mio cuore batteva forte, rendendo difficile pensare, muovere o parlare.”

Una volta in ospedale, Dana scopre di aver avuto un mancamento causato dal forte stress.

“Mi vergognavo e il mio orgoglio non mi permetteva di discutere la questione con i miei colleghi”, ammette.

Dana avrebbe sofferto molti altri attacchi prima di avere il coraggio di rivolgersi a uno psicoterapeuta.

Essendo cresciuta nel sobborgo nero di Harlem, Dana assimila dalla cultura afro-americana un chiaro scetticismo nei confronti della terapia mentale, sintomo per loro dell’incapacità di affrontare i problemi della vita. “Da adulta temevo che se fossi andata da un terapeuta, qualcuno che conoscevo mi avrebbe riconosciuto e l’avrebbe detto alla mia famiglia e ai miei amici, quindi mi sono nascosta nella più profonda vergogna”.

Solo alla soglia dei 30 anni Dana prende coraggio e inizia a vedere un terapista di nascosto. “Il mio terapista diceva spesso che non avrei dovuto nascondermi o vergognarmi di voler stare meglio, ma non la vedevo così. L’ho visto come un segno di debolezza che dovevo andare perché la mia ansia e la mia depressione avevano raggiunto un punto in cui non potevo più farcela da sola.”

Gran parte dei bambini afroamericani crescono con la convinzione di dover combattere soli contro il mondo intero. Non c’è spazio per la vulnerabilità in una realtà difficile, dove ogni giorno si devono affrontare atti discriminatori. L’unica forza, per questa comunità così a lungo tormentata, risiede nella fede. La terapia, in pratica, è un’usanza che appartiene ai bianchi. Secondo un rapporto del 2018 del Center for Workforce Studies dell’American Psychological Association, infatti, solo il 4% dei terapisti è afroamericano.

Passi avanti, in questo senso, sono stati fatti dalla dottoressa Joy Harden Bradford, psicologa clinica afroamericana che nel 2014 ha creato un blog chiamato Therapy for Black Girls, in cui le donne nere possono discutere della loro salute mentale. Anche l’artista hip-hop Jay-Z ha affrontato il tema della terapia mentale in un’intervista con la CNN nel 2018, asserendo che la terapia dovrebbe essere disponibile anche nelle scuole.

Abbattere la barriera culturale sembra essere, in definitiva, l’unico modo per cambiare la situazione. Salute mentale e psicoterapia sono, infatti, temi importantissimi che meritano la giusta considerazione anche da parte delle persone nere.

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