Il mistero di Maria Fresu, la vittima senza corpo della Strage di Bologna

La morte della 24enne sarda nell'attentato terroristico del 2 agosto 1980 è ancora avvolta nell'ombra. Secondo gli esami del dna i resti che le erano stati attribuiti sarebbero di un'altra donna.

Erano le 10.25 del 2 agosto 1980 quando nella stazione Centrale di Bologna esplodeva una bomba: in quello che viene considerato l’attentato più sanguinoso della storia italiana dalla fine delle Seconda Guerra Mondiale morirono 85 persone e più di 200 rimasero ferite. Non tutti i corpi delle vittime furono ritrovati e tra questi all’appello mancava quello di Maria Fresu.

 

In quella calda e afosa mattina di mezza estate la vita di Maria, appena 24enne e quella di sua figlia Angela Fresu, furono stroncate per sempre: la bambina di soli tre anni, fu la più giovane a morire nella strage. La tragedia è stata amplificata dal fatto che il corpo di Maria fu letteralmente disintegrato, esattamente come disse suo padre Salvatore intervistato all’epoca dall’Unione Sarda. Solo in seguito, fu ritrovato un lembo facciale e delle dita di una mano che inizialmente vennero attribuite a lei, ma dalle indagini sul dna effettuate nel 2019, questa ipotesi fu smentita.

I periti della Corte d’Assise di Bologna esclusero in maniera definitiva che i resti tumulati nella tomba della povera Maria le appartenessero. In realtà i dna femminili rinvenuti dalle analisi erano due: quello delle dita di una mano potrebbe riguardare una delle altre vittime censite,  visto che ci furono donne con mutilazioni compatibili ma quello del viso non trova corrispondenze con nessuna delle 85 salme. Tutto questo infittisce il mistero sulla strage perché porterebbe a ottantasei le vittime e tra queste forse c’è l’autore dell’attentato.

Maria, residente a Montespertoli ma originaria della Sardegna, quel giorno stava andando in vacanza insieme a sua figlia e a due amiche, Verdiana Bivona e Silvana Ancillotti. Si salvò miracolosamente solo quest’ultima, che secondo le ricostruzioni fu anche la più vicina all’esplosione. Le tre amiche stavano partendo per passare le ferie a Rovereto ed erano sedute insieme nella sala d’attesa di seconda classe.

Militari che tornavano a casa, famiglie che partivano per il mare, studenti, furono queste le ignare vittime di quella che sarebbe diventata una vera carneficina, una strage che fu poi attribuita agli ambienti neofascisti. La bomba, 23 chilogrammi di esplosivo dentro a una valigia abbandonata, esplodendo causò il crollo dell’ala ovest della stazione. L’onda d’urto investì anche il parcheggio dei taxi e il treno fermo sul primo binario. L’orologio dell’edificio si fermò all’ora dell’esplosione e segna ancora le 10.25.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!