"Svegliami a mezzanotte", per essere meno sole nel buio della depressione

Francesco Patierno porta al cinema la morte e la resurrezione di Fuani Marino, sopravvissuta al suicidio a 32 anni che ha trasformato il racconto della sua caduta in un messaggio politico per tentare di cancellare lo stigma della malattia mentale

Il rivo strozzato che gorgoglia“, “l’incartocciarsi della foglia“, “il cavallo stramazzato“: Eugenio Montale fotografava cosi, in endecasillabi, quel “male di vivere” che Giuseppe Berto proverà a raccontare nelle oltre 500 pagine de Il male oscuro, il capolavoro che gli varrà il premio Campiello e un adattamento per la regia di Mario Monicelli con Giancarlo Giannini e Stefania Sandrelli.

Svegliami a mezzanotte, documentario di Francesco Patierno che porta sul grande schermo il memoir di Fuani Marino, sulla sua depressione e il tentato suicidio, si iscrive in un solco calcato anche da registi come Lars Von Trier, che all’argomento ha dedicato una trilogia, composta da Antichrist (2008), Melancholia (2011) e i due capitoli di Nymphomaniac (2013 e 2014), Tom Ford e il suo elegante A Single Man, Stephen Daldry e il suo adattamento del libro di Michael Cunningham, The Hours,  storia di tre donne legate dal romanzo Mrs Dalloway, tra cui la stessa Virginia Woolf, ma anche Florian Zeller col suo recente The Son, sul dramma di Nicholas, adolescente che non riesce a vivere.

Una lista che potrebbe proseguire a lungo, tanto più che quello della malattia mentale è un tema che travalica generi ed epoche: impossibile non far correre la mente a Virginia Woolf, suicida a 59 anni a seguito di quello che, postumo, la scienza moderna ha diagnosticato come disturbo bipolare unito a psicosi; disturbo bipolare di cui soffriva anche la poeta statunitense Anne Sexton, che all’acqua della scrittrice inglese preferisce il gas, nel 1974, come aveva fatto qualche decennio prima la trentenne Sylvia Plath, dopo aver lasciato non solo il celebratissimo La campana di vetro, ma la meraviglia dei Diari, scritti tra il 1950 e il 1962 (in Italia tradotti da Simona Fè per Adelphi); aveva scelto di impiccarsi la russa Marina Cvetaeva, come diversi anni dopo, nel 1999, Sarah Kane, drammaturga in lotta con la depressione per molti dei suoi 28 anni; opta per i barbiturici, a soli 26 anni, la nostra Antonia Pozzi.

Poete, scrittrici, artiste che condividono la diagnosi di disturbo affettivo bipolare con circa 60 milioni di persone nel mondo; con 300 milioni quella di depressione. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) del 2020, il peso globale dei disturbi mentali continua a crescere con un contraccolpo non solo sulla salute ma anche su aspetti sociali, umani ed economici.

A questi, si aggiungono i numeri della depressione post partum, che “colpisce, con diversi livelli di gravità, dal 7 al 12% delle neo-mamme ed esordisce generalmente tra la sesta e la dodicesima settimana dopo la nascita del figlio, con episodi che durano tipicamente da 2 a 6 mesi – si legge nella scheda informativa del Ministero della Salute italianaLa donna si sente triste senza motivo, irritabile, facile al pianto, non all’altezza nei confronti degli impegni che la attendono“.

Anche alla luce di questo, il libro prima e il film poi sull’esperienza di Fuani Marino sono così importanti; un atto politico, come lei stessa li ha definiti in una dichiarazione rilasciata all’Ansa: «la rivendicazione di quanto sia taciuta, occultata, la salute mentale; un modo di condividere la solitudine di chi vive la depressione».

Perché vedere Svegliami a mezzanotte

Il messaggio politico della scrittrice e giornalista Fuani Marino trova nel documentario il suo controcanto nelle immagini e nei fotogrammi scelti da Francesco Patierno, che con rara delicatezza riesce a entrare in sintonia col racconto asettico, a tratti chirurgico, del prima e del dopo la caduta della protagonista.

E poi sono caduta, ma non sono morta”, recita la voce fuori campo che di filmato di repertorio in filmato, vecchie foto intime e pagine di diario, accompagna attraverso la resurrezione di questa giovane donna che a 32 anni decide, scientemente, senza un attimo di esitazione, di gettarsi da un balcone al quarto piano dopo aver dato l’ultimo sguardo a sua madre e a sua figlia di pochi mesi. Una rinascita dopo la caduta che diventa occasione per riflettere sulla malattia mentale e il suicidio, così come della seconda chance offerta dalla terapia farmacologica, troppo spesso stigmatizzati e considerati un tabù.

«Tra il prima e il dopo dei secondi di quell’interminabile caduta della protagonista sono condensati i grandi temi dell’esistenza umana senza nessuna concessione al melodramma, alla retorica, alla commiserazione. Per farlo, ho sposato lo stile e un meccanismo narrativo, affinato nel tempo, composto da un mix creativo di immagini girate e immagini di repertorio montate e manipolate ad arte per riuscire a raccontare cose che sarebbero difficili da mettere in scena con uno stile più convenzionale o un racconto di finzione», spiega nelle note di regia Patierno, regista che aveva già saputo incantare e commuovere gli spettatori con il suo stile nel bel Naples ’44, documentario tratto dal libro omonimo di Norman Lewis, dove, avvalendosi di filmati d’epoca intervallati da film come La pelle di Liliana Cavani e Le quattro giornate di Napoli di Nanny Loy, aveva saputo far rivivere l’atmosfera della città partenopea nel secondo dopoguerra.

In entrambi, alla fine, per la sofferenza c’è una piccola speranza di redenzione, perché – come dice ancora Fuani, con la voce della doppiatrice Eva Padoan – le medicine che prende possono impedirle “di perdere quel barlume di contegno necessario per vivere“.

Fuani Marino, protagonista del documentario “Svegliami a mezzanotte” (Courtesy Press Office)

Scheda del documentario

Liberamente tratto dal romanzo omonimo (edito da Einaudi nel 2019), Svegliami a mezzanotte, diretto da Francesco Patierno, racconta la storia vera di Fuani Marino, una giovane donna che, dopo quattro mesi dal parto, a causa di una forte depressione si lancia dal quarto piano di un palazzo, ma sopravvive alla caduta.

Documentata da filmati amatoriali, seguirà una lunga riabilitazione fatta di sofferenza, operazioni e cicatrici; in mezzo, i filmati d’epoca tratti dall’Archivio Luce Cinecittà, che secondo le parole dello stesso regista sono «semplici ma eleganti associazioni visive che mirano a tessere il filo della trama e a compiere un vero e proprio viaggio in soggettiva nei tortuosi meandri della mente umana».

Scritto da Patierno insieme a Marino, è raccontato dalla voce fuori campo della doppiatrice Eva Padoan. La fotografia è di Paolo Pisacane, mentre il montaggio si deve a Renata Salvatore. I filmati d’epoca sono dell’Archivio Luce Cinecittà.

Nel mediometraggio, di 71 minuti, oltre alla protagonista, compaiono Riccardo Folinea, marito di Fuani Marino, e la loro figlia Greta, insieme alla madre Eleonora Lausdei.

Svegliami a mezzanotte è stato selezionato tra le dieci opere in gara al Premio David di Donatello – Cecilia Mangini 2023 per il miglior documentario.

Prodotto (in collaborazione con Rai Cinema) e distribuito da Luce Cinecittà, è stato presentato in anteprima alla 40esima edizione del Torino Film Festival; è in sala, nei cinema italiani, dal 13 febbraio 2023.

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