"Te la rasiamo noi": gridare commenti sui genitali altrui NON è goliardia!

Da questa vicenda apprendo quindi che gridare in gruppo commenti riferiti ai genitali di un'altra persona, che non conosco, quando questa è intenta a lavorare è goliardia, è spensieratezza, è generosità, è decente.

“Lascialo stare, il tagliaerba, te la rasiamo noi”.

È questo il grido che si è levato dagli spalti domenica 12 settembre, al Marassi di Genova, prima dell’incontro della squadra di casa contro l’Inter, rivolto alla lavoratrice intenta, appunto, a tosare l’erba del campo da gioco.

Un grido che si ripete e si ripete, lei arriva in fondo al campo, si gira e ricomincia a camminare. Sorride e alza la mano in segno di saluto. Gli ultras gridano ancora di più.

Potete vedere il video in questo post di Cathy La Torre:

Il video dell’impresa canora inizia a girare, ricondiviso a suon di faccine che ridono e con una parola che è una costante: “goliardia”.

Da Treccani, per goliardico si intende: .”.. giovanile, generoso, spensierato; com. nel senso spreg. di irriverente, irresponsabile, privo di ponderatezza o di serietà.”

Un articolo a corredo del video specifica: “Il tutto senza che si superasse il limite della decenza, anche nell’ironia.

Da questa vicenda apprendo quindi che gridare in gruppo commenti riferiti ai genitali di un’altra persona, che non conosco, quando questa è intenta a lavorare è goliardia, è spensieratezza, è generosità, è decente. E io scemo che pensavo fosse maleducazione, stronzaggine e persino molestia.

Eh invece no, è goliardia. Dopotutto giusto ieri apprendevamo come masturbarsi davanti a una sconosciuta in treno non è molestia, figurarsi quindi intonare “innocui” cori da stadio.

La ragazza sembra apprezzare, diranno in molti, peccato che quel “sembra” faccia una bella differenza. Non possiamo sapere se la sua è stata una reazione spontanea o forzata dagli eventi, ma in realtà poco importa.

La ragazza potrebbe persino essere lusingata da un tale trattamento (e ciò rientrerebbe nelle sue sacrosante libertà) ma il coro da stadio, intonato in quel modo, avendo come oggetto dei genitali altrui e rivolto a una donna, solo perché donna, è sbagliato.

È catcalling di gruppo, è molestia da strada inscenata nello stadio. È vero, magari ci sono donne che apprezzano, ma dal momento che non si può sapere a priori quanto e se una persona gradisca certi commenti, sarebbe logico e di buonsenso (e giusto) evitarli. Senso civico di base. E invece no: si continua a tenere in piedi questa struttura del mondo in cui è considerato normale anteporre il proprio ego (maschio) alla sensibilità altrui (femminile). Ed è forse questa la cosa più triste: il continuo e assurdo sforzo di legittimare una visione del mondo che non si basa altro che sul maschilismo più becero.

Se la ragazza fosse scoppiata in lacrime? Se si fosse incazzata e avesse risposto a tono? Sarebbe sempre goliardia?
È la reazione della persona interessata a decidere cosa è molestia o è il gesto in sé a esserlo?

Una domanda marzulliana che potrebbe non avere una risposta così netta. Nel dubbio è certo che la scelta migliore sarebbe sempre quella di evitare di mettere a disagio altre persone. Per cosa poi? Gonfiare il maschio senso di cameratismo, così vuoto da necessitare cori che palesano l’apprezzamento del corpo femminile? Come se quel corpo fosse lì al solo fine di compiacere i tifosi e non per tagliare l’erba del campo.

“Non tutti gli uomini”, preciseranno coloro che hanno la coda di paglia, ma in quello stadio lo erano tutti, sia chi gridava, sia chi è rimasto zitto.

“Che pesantezza, non si può più scherzare” penserà invece chi non riesce a vedere quanto tali scherzi siano sempre rivolti da un genere a un altro. Perché lo scherzo, si sa, è bello quando dura poco e noi è secoli che si va avanti così…

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