Rosanna Belvisi venne uccisa, il 15 gennaio del 2017, dal marito, Luigi Messina, con 29 coltellate, nella loro casa di Milano. L’uomo è stato condannato in primo grado e in appello a 18 anni di reclusione, ma c’è qualcun altro che dopo quel femminicidio vive una condanna quotidiana: Valentina Belvisi, figlia di Rosanna e del suo femminicida, che del padre ha scelto di non portare più neppure il cognome e a cui oggi si riferisce chiamandolo solo “lui” o per nome, al massimo.

Belvisi, all’epoca venticinquenne, quel giorno non era a casa, ma alle terme in Svizzera con il suo ragazzo. Al Corriere della Sera, sezione milanese, ricorda: “Avevo sentito la mattina mia madre per telefono ma non mi ha fatto capire se lei e Luigi in casa stessero litigando o meno. Da quel momento non sono più riuscita a contattarla. Dopo, quando ho riprovato a chiamarla, perché io vivevo sempre con la paura che potesse succederle qualcosa, il telefono era staccato. Sono rientrata subito a Milano, sono arrivata nel primo pomeriggio. Ho saputo della morte di mamma dal telegiornale. Sento: ‘Lorenteggio, donna sgozzata in casa’. O qualcosa di simile. Vedo la foto di mia madre, la mia. Una delle tante mancanze di tatto che ci sono state”.

La ragazza racconta anche di aver dovuto “lavare i pavimenti e le mura imbrattate di sangue. Lì, in quel momento, ho realizzato davvero che mia madre era morta. Nessuno ha avuto la sensibilità di mandare una squadra a pulire. Da quel momento ho iniziato ad arrangiarmi, come ho fatto per anni”.

Da allora la sua vita è inevitabilmente cambiata, con il trasferimento in Veneto, il matrimonio e un figlio ma, soprattutto, con il cambio di quel cognome troppo pesante da portare. Una scelta, afferma Belvisi, “già maturata prima del delitto”. E su di lui, su quel genitore che oggi chiama solo con il nome di battesimo, spiega di averlo rivisto nel 2018 – quando si è svolto il processo d’appello – e di averlo sentito “limitatamente ad alcune questioni burocratiche. E la situazione non cambierà nei prossimi anni. Lui è sempre stato molto violento in casa. Beveva. Nel 1995 era arrivato anche ad accoltellare alla schiena mia madre”.

Valentina Belvisi ha anche spiegato al Corriere di non aver inizialmente potuto accedere al fondo per gli orfani di femminicidio – istituito con legge n.4 del 2018 – perché “era passato troppo tempo dal delitto. La seconda volta che l’ho presentata è stata nel 2022. Ora, dopo 2 anni, mi hanno detto che è stata accolta ma non ho idea di come proseguirà l’iter”.

Anche sulla condanna di Luigi Messina ha qualcosa da dire: in primo grado, a cui l’uomo è arrivato con il rito abbreviato, è stata esclusa l’aggravante della crudeltà, cosa che per Belvisi è incomprensibile.

Non riconoscere la crudeltà dopo 29 coltellate non si può sentire. Quel giorno, il giorno della condanna, io ho perso mia madre due volte.

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