Una giornata contro l'omofobia alle elementari non solo è ragionevole: è doverosa!

Recentemente il governatore De Luca ha espresso una preoccupazione riguardante il Ddl Zan che interessa molte persone: l'istituzione di una Giornata contro l'omobitransfobia a scuola. Ma c'è davvero da preoccuparsi?

“Ma voi veramente pensate che sia ragionevole che alle elementari facciamo una giornata di riflessione sull’omotransfobia? Ma andate al diavolo”.

Con queste parole il governatore campano Vincenzo De Luca ha spiazzato la platea alla festa dell’Unità di Bologna del 30 agosto 2021, trasformando il suo intervento in quello che è parso un comizio contro il Ddl Zan, in contrasto con il suo stesso partito.

Lo stile scenografico di De Luca è ben noto, come ben note sono le sue esternazioni fumantine, ma è triste pensare quanto un disegno di legge così importante sia ostacolato da tutti i fronti, persino da coloro che (in teoria) dovrebbero sostenerlo.

Il Ddl al momento è arenato al Senato sepolto sotto cumuli di emendamenti e la discussione è rimandata a questo autunno (si spera) ma è ormai chiaro come il dibattito nato attorno a questa proposta di modifica di legge (la legge Mancino del ’93) abbia poco a che fare con l’effettivo contenuto del Ddl.

In Senato abbiamo potuto ascoltare interventi assurdi, di chi prendeva in esame le mamme dei calciatori o profetizzava l’estinzione della specie per colpa di “principi sul pisello”, ma cercando di andare oltre a questa immondizia ideologica, uno dei punti che crea più attrito del Ddl è appunto ciò che cita De Luca: l’istituzione di una Giornata contro l’omobitransfobia con annesse cerimonie o attività da svolgersi anche a scuola.

Per evitare di continuare l’opera di falsa informazione che da mesi tormenta il Ddl, ecco il testo esatto dell’articolo in questione:

Art. 7. (Istituzione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia)
1. La Repubblica riconosce il giorno 17 maggio quale Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la tranfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione […]
3. In occasione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia sono organizzate cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile per la realizzazione delle finalità di cui al comma 1. Le scuole, nel rispetto del piano triennale dell’offerta formativa di cui al comma 16 dell’articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107, e del patto educativo di corresponsabilità, nonché le altre amministrazioni pubbliche provvedono alle attività di cui al precedente periodo compatibilmente con le risorse disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

È per questo motivo che il Vaticano ha voluto addirittura ricordare il Concordato, in quanto anche le scuole private cattoliche sarebbero coinvolte da queste iniziative ed è chiaro come dopo secoli di propaganda intollerante verso diverse sessualità e identità di genere, sarebbe “quantomeno imbarazzante” per la Chiesa dover insegnare il rispetto per queste persone all’interno delle proprie aule.

Mettendo da parte questioni religiose e politiche, è però palese che parlare ai più piccoli di questi argomenti susciti preoccupazione in molte persone, anche a quelle più progressiste.
Vi è la convinzione che il modo migliore per tutelare i bambini sia quella di tenerli ignoranti di ogni problema e male del mondo. Non solo, si è anche convinti che vi siano argomenti che i nostri figli dovranno imparare da soli, quando saranno grandi, non perché siano pericolosi per loro, ma più che altro perché creano imbarazzo a noi.

Non è un caso se in Italia siamo così arretrati per quanto riguarda l’educazione sessuale (con tutti le conseguenze negative che ciò comporta).

E mi perdoni, caro De Luca, ma anche il suo caso mi pare rientrare proprio in questa dinamica, dopotutto perché dovremmo andare al diavolo se pensiamo che sia ragionevole insegnare nelle scuole il rispetto per tutti, a prescindere dalla loro identità di genere, razza, sessualità e disabilità? Quale parte di questo proposito è poco ragionevole?

Non occorre scomodare Freud per sapere che l’identità di genere, ma anche l’orientamento, non si sviluppa solo al festeggiamento del diciottesimo compleanno.
Con i dovuti modi, linguaggi e accortezze, si può parlare con i bambini di ogni cosa. Posticipare la loro formazione è la prova di una nostra mancanza, di una nostra paura, non la loro.

Se ciò non bastasse per convincervi, sappiate che i vostri figli a scuola sono già soggetti a giornate di riflessione riguardanti argomenti tutt’altro che family fiendly.
Raccontereste mai a un bimbo delle elementari di genocidi, torture e persone uccise con il gas? Eppure, l’articolo 2 della Legge 20 luglio 2000, n. 211 afferma:

In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.

Si parla (giustamente) di “conservare la memoria di un tragico e oscuro periodo”. A confronto, la Giornata che vorrebbe istituire il Ddl Zan è un arcobaleno di gioia e spensieratezza.

Potrei anche dirvi che così come avviene per la Giornata della Memoria (e tante altre) gli istituti scolastici che effettivamente organizzano qualcosa sono la minoranza. La clausola “compatibilmente con le risorse disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica” lascia alle scuole abbastanza discrezione per ignorare la direttiva. Perciò tanto livore riguardo questa preoccupazione appare davvero esagerato.

Il punto però non è sperare che il Ddl venga approvato basandosi sull’eventuale inapplicabilità dell’articolo 7, perché gli scolari e la società non avrebbero che da trarre vantaggio dall’istituzione di questa Giornata.

E per coloro che invece continuano a contrastare il Ddl convinti che “non si potrà più dire nulla”, lascio rispondere il Ddl stesso, che all’articolo 4 scrive:

(Pluralismo delle idee e libertà delle scelte)
1. Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime conducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti.

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