Zaray aveva solo 12 anni quando è morta nel corso di un’operazione al femore, come ricostruisce il Corriere.it. La ragazzina si poteva salvare se solo una studentessa, Elisiana di 33 anni, al quinto anno di specializzazione, fosse stata ascoltata dai medici del reparto. Lei, infatti, aveva chiesto un farmaco salvavita ma nessuno le avrebbe prestato ascoltato. “Mi dissero che non c’era, il termometro che mi diedero era rotto e poi mi allontanarono. Io avevo ipotizzato che potesse trattarsi di ipertermia maligna, ho toccato la fronte della paziente che mi sembrava calda” ha dichiarato. E ancora: “Mi è stato risposto che il dantrolene (farmaco salvavita, ndr) non c’era e me ne sono meravigliata. A quel punto mi sono spostata con il caposala nella stanza dei farmaci adiacente dove mi ha mostrato che il dantrolene non c’era e mi disse che, da quando le precedenti confezioni erano scadute, le scorte non erano state ripristinate”. Il termometro, dunque, c’era ma, stando al suo racconto, non era funzionante.

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L’ipertermia – è doveroso ricordarlo – non è altro che una febbre altissima di origine genetica provocata dall’anestesia: la piccola, infatti, era stata operata poco tempo prima. Sarebbe bastato, forse, intervenire tempestivamente con un farmaco, il dantrolene, indispensabile in sala operatoria, per poter salvare Zaray. La studentessa, al quinto anno di specializzazione, aveva capito tutto ma avrebbe avuto le mani legate: il farmaco non c’era, il termometro non funzionava e lei non era stata creduta. A seguito delle “rimostranze degli ortopedici per le continue interruzioni”, la giovane era stata invitata ad “uscire dalla sala esonerandola dalla sua attività”. 

A quattro mesi da quel maledetto giorno, dunque, arriva la relazione della commissione di indagine interna all’ospedale che il governatore della Puglia Michele Emiliano ha voluto secretare per consentire ai pm di indagare serenamente individuando i responsabili della morte di Zaray. Una ragazzina che poteva essere salvata.

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