Argentina, almeno 500 bambini rubati e adottati dai 'nemici' dei genitori

Dopo il colpo di stato del 1976, l'esercito argentino iniziò a reprimere con ogni mezzo chiunque si opponesse e i figli delle donne incinta furono rapiti e dati a coppie di militari perché li allevassero come propri.

I dati che arrivano dall’Argentina, dopo il colpo di stato del 1976, sono agghiaccianti. Si parla di almeno 500 bambini, rapiti ai genitori naturali e affidati alle mani delle famiglie dei militari oppressori. Molti di quei minori sono cresciuti senza sapere mai la loro vera identità.

La storia, che ci viene raccontata dal Guardian, riporta i fatti avvenuti in Argentina durante i primi Anni ’80, quando il Paese stava lentamente tornando alla democrazia dopo la cosiddetta “guerra sporca” portata avanti dalla dittatura militare di Jorge Videla, detto “l’Hitler della Pampa”.

Dopo il colpo di stato del 1976, l’esercito argentino iniziò a reprimere con ogni mezzo chiunque si opponesse, e alla fine 30mila persone furono uccise o scomparvero nel nulla, quasi tutti erano civili. Inoltre, le detenute incinte nei campi di concentramento venivano tenute in vita fino al parto e poi uccise.

I loro bambini, almeno 500 neonati, furono rapiti e dati a coppie di militari perché li allevassero come propri, e ancora oggi moltissimi di loro non sanno nulla di tutto questo. Nel 1983, centinaia di queste “adozioni” vennero alla luce, anche se solo nel 2021 sono stati compiuti sforzi su larga scala per rintracciare i minori.

Due anni fa, il governo argentino ha inviato centinaia di kit per il test del DNA ai suoi consolati in tutto il mondo nella speranza di dare dei nomi alle vittime non identificate e trovare i bambini degli scomparsi, i desaparecidos.

Il Guardian, infine, riporta anche la storia di Javier Penino Viñas, uno di quei bimbi rapiti e affidati ai militari, cresciuto con Jorge Vildoza, un alto ufficiale della marina argentina, e sua moglie, Ana María Grimaldos. Ora Viñas è un uomo adulto che vive in Gran Bretagna, ma fu portato via dalle braccia della madre, Cecilia Viñas, ancora neonato.

La donna e suo marito Hugo Penino erano attivi nei sindacati e nei gruppi che si opponevano al regime militare di estrema destra di Videla. Il 13 luglio 1977 la coppia fu rapita dalla loro casa a Buenos Aires: lei era incinta di sette mesi. Viñas, all’età di sei anni, destò la curiosità di un pediatra che non aveva creduto fosse il figlio di Vildoza e si attivò per trovare i genitori naturali del bambino con l’organizzazione Abuelas de Playa de Mayo. La madre e il padre erano morti, ma ha potuto ritrovare tutti gli altri familiari.

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