I centri antiviolenza D.i.Re contro le affermazioni di Michelle Hunziker "frutto di disinformazione imperdonabile"

L'organizzazione che riunisce vari centri antiviolenza chiede la rettifica a Mediaset per le affermazioni rilasciate domenica dalla conduttrice a Verissimo. "I centri antiviolenza hanno lavorato anche durante il Covid", si legge nel comunicato.

I centri antiviolenza non hanno accolto bene (per usare un eufemismo) le dichiarazioni rilasciate da Michelle Hunziker che, ospite della puntata di Verissimo del 3 marzo scorso, aveva parlato dell’associazione da lei fondata con l’avvocata Giulia Bongiorno, Doppia Difesa, nel 2007, come dell’unica rimasta in attività anche durante il periodo di pandemia.

“Con Doppia Difesa non ci siamo fermati neanche durante il Covid, quando tutti i centri antiviolenza giustamente erano fermi”, le parole della conduttrice svizzera, a cui D.i.Re, che riunisce 87 associazioni antiviolenza in Italia, ha voluto rispondere sia a mezzo social che con un comunicato, parlando di “disinformazione imperdonabile”.

Si tratta di un’affermazione erronea – si legge nel comunicato pubblicato sul sito ufficiale dell’organizzazione – dal momento che tutti i centri antiviolenza della rete D.i.Re sono rimasti aperti e non hanno mai interrotto l’attività durante tutta la pandemia e anche quelli impegnati in progetti di accoglienza in emergenza, 24 ore su 24, hanno continuato a intervenire raggiungendo le donne negli ospedali, nelle stazioni dei carabinieri o nei commissariati per fare colloqui di sostegno e offrire, quando richiesta, ospitalità.

Inoltre, per consentire a tutte le donne di raggiungere i presidi più vicini sui territori, in quel periodo D.i.Re promosse la campagna social #noicisiamo – Emergenza Covid-19, che è stata accompagnata da diverse azione di advocacy rivolte al Governo.

La dimostrazione di quanto le affermazioni di Hunziker siano frutto di un’imperdonabile disinformazione, è contenuta nei numeri del Monitoraggio svolto dalla rete D.i.Re durante l’emergenza sanitaria da Covid-19 – prosegue poi il comunicato, volto a chiedere una rettifica a Mediaset – Dal 2 marzo al 5 aprile 2020 i centri antiviolenza D.i.Re sono stati contattati complessivamente da 2.867 donne, di cui 806 (28%) non si erano mai rivolte prima ai presidi della rete. L’incremento delle richieste di supporto, rispetto alla media mensile registrata con l’ultimo rilevamento statistico del 2018, pari a 1.643, è stato del 74,5 per cento.

Quasi immediate sono arrivate le scuse della conduttrice, che ha affidato a una nota Ansa la propria replica, pubblicata anche nelle storie dell’associazione:

Con riferimento all’intervista rilasciata domenica 3 marzo nel corso della trasmissione Verissimo, Michelle Hunziker voleva semplicemente fare riferimento all’estrema difficoltà di continuare a prestare aiuto alle donne vittime di violenza e di continuare a essere per loro un punto di riferimento durante la pandemia.

Si scusa pertanto per aver erroneamente usato l’aggettivo tutti riguardo ai centri antiviolenza e ha il massimo rispetto e apprezzamento nei confronti di tutti i centri che aiutano le donne.

Fonte: instagram @doppiadifesa

Fra le principali critiche alle parole di Hunziker figura Selvaggia Lucarelli, che nelle sue storie Instagram ha commentato brevemente la vicenda.

Fonte: instagram @selvaggialucarelli

Lucarelli, peraltro, si era occupata in passato in prima persona di Doppia Difesa, portando alla luce alcuni punti oscuri nella gestione dell’associazione: nel 2018 infatti la giornalista aveva segnalato, in un articolo scritto per Il Fatto Quotidiano, alcune difficoltà nel mettersi in contatto con la fondazione, con telefonate e mail che restavano senza risposta, ricevendo la critica di Bongiorno, che aveva etichettato l’articolo come “costellato di falsità e chiaramente denigratorio”. Le accuse di diffamazione sono tuttavia state archiviate il 13 febbraio scorso dalla procura di Cagliari, cui il fascicolo era stato trasferito perché proprio nella città sarda era stata stampata la prima copia del quotidiano, perché, come si legge nella sentenza, “Le circostanze di fatto riportate nell’articolo dalla Lucarelli hanno trovato riscontro, sicché non appare violato il citato canone di verità”.

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