La sua piccola rivoluzione l’aveva già cominciata il giorno del funerale di sua figlia, con un discorso che ha fatto emozionare tutte le persone presenti e quelle che hanno seguito la funzione da uno schermo televisivo; Gino Cecchettin, papà di Giulia, uccisa da Filippo Turetta, è, suo malgrado, diventato un simbolo di umanità e gentilezza, di pace e positività a dispetto dell’immane tragedia vissuta, e ha scelto di proseguire il percorso intrapreso come voce e simbolo contro la violenza di genere nel salotto televisivo di Che tempo che fa, ospite di Fabio Fazio, durante il quale ha pronunciato un discorso che difficilmente non tocca le corde del cuore.

“Le diciamo grazie perché abbiamo imparato tantissimo”, gli dice Fazio accogliendolo nello studio, dove entra con il fiocco rosso, simbolo contro la violenza sulle donne, appuntato sul petto.

Il discorso è nato da un profondo dolore, chiaramente, dal cercare di capire le cause che mi hanno fatto vivere questa tremenda avventura – esordisce – Ho una mente razionale, quindi mi sono un po’ astratto da quello che era il mero dolore per cercare di capire per prima cosa dove avessi sbagliato io. […] Io sono qui stasera perché mi trovo a mio malgrado a combattere una battaglia di cui non ero a conoscenza prima.

Perché io stesso, quando leggevo di femminicidi, ero dispiaciuto per la vittima e per i familiari. Ma poi giravo pagina come penso facciano altre persone. Avendo vissuto un anno fa un altro lutto molto importante, sono mutato come uomo e tutti gli eventi che mi sono capitati quest’anno mi hanno portato a vedere il mondo sotto un altro punto di vista. Devo ringraziare mia moglie Monica per avermi fatto conoscere l’essenza dell’amore e da lì ho imparato a essere un uomo diverso.

Cecchettin ha anche raccontato un aneddoto proprio sulla moglie, scomparsa un anno prima di Giulia Cecchettin.

Negli ultimi giorni di malattia di mia moglie in ospedale, lei era molto affranta e si è addirittura scusata come me e mi ha detto: ‘Scusami, quando ci siamo messi assieme non sapevo che mi sarei ammalata. Scusami per tutto questo’. È stata la cosa più vicina alla ‘santità’ e non si può rimanere la stessa persona [sentendosi dire questo]. Anche nei confronti dei miei figli è cambiato l’atteggiamento, ho iniziato a dirgli ti voglio bene e ti amo molto più spesso.

[…] Elena, l’altra mia figlia, ha dato un messaggio e ha centrato veramente il punto. Quando l’ho sentita parlare di patriarcato, conoscevo la parola ma non il significato nella società moderna.

Proprio sul patriarcato ha proseguito:

Patriarcato significa che c’è un concetto di possesso, che è forse il cuore della faccenda. La donna vista come proprietà di qualcun altro. Utilizziamo ancora oggi espressioni come ‘la mia donna’, che sembrano inoffensive, ma non è così. È la tua moglie o la tua compagna, non la tua donna. Nel quotidiano dobbiamo iniziare a cambiare il modo di intraprendere una visione della società da un certo punto di vista. Sono quei retaggi culturali che arrivano dal passato e ancora oggi rimangono. Nella stragrande maggioranza dei casi non producono danno, ma in persone che magari sono più deboli e fragili e magari non riescono ad accettare la libertà della donna, la possibilità che essa abbia tutto il diritto di decidere della propria vita. Quindi in quei casi sfocia in quella che è la violenza o ancora peggio nel femminicidio.

Poi Cecchettin si è di nuovo rivolto agli uomini, come già fatto durante la funzione in memoria di sua figlia.

Dovremmo iniziare dal nostro credo più profondo, quelle che sono le nostre convinzioni, dalle espressioni che usiamo tutti i giorni. L’altro giorno stavo parlando con un amico e mi è uscita l’espressione ‘facciamo un discorso da uomo a uomo’. Tac, mi sono bloccato subito, quella è un’espressione del patriarcato. Perché una discussione da uomo a uomo? Perché poi siamo genitori, educhiamo inconsciamente in una maniera tale da far sì che la società non cambia, che il padre sia ancora padrone. Chiaramente con tutte le sfaccettature che ci possono essere nelle varie famiglie, ma dovremmo dare un altro tipo di messaggio.

Come ho detto, ho avuto un processo di cambiamento e a un certo punto, quando ti ritrovi a piangere la perdita di una figlia – perché io ho iniziato a piangere per Giulia già la domenica, perché un padre certe cose le sente – e ti viene quasi normale provare rabbia e odio. Però io mi sono detto che volevo essere come Giulia, ho concentrato tutto il mio cuore e la mia forza su di lei e sono riuscito ad azzerare l’odio e la rabbia. Ancora oggi mi chiedo come. Però vedo come con questo ragionamento che può sembrare troppo razionale, ma è molto umano. Io voglio amare e non voglio odiare, perché comunque l’odio ti porta via energia.

Infine, un appello:

Vorrei dire una cosa ai maschi. In questo momento vorrei invitarvi a dire ti amo alle compagne e alle mogli. Non ti voglio bene, ma ti amo. Ditelo spesso, dovete dirlo ogni volta. Fatelo in questo momento.

Il discorso di Gino Cecchettin, per volontà del Presidente del Veneto Luca Zaia e del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, sarà letto nelle scuole; tuttavia non tutti hanno apprezzato la presenza dell’uomo nella trasmissione televisiva, e molti commenti di odio sono stati scritti sia sulla pagina ufficiale del programma che, come denunciato dalla famiglia Cecchettin attraverso il loro legale, sui social di Gino ed Elena, tanto che sono stati presi provvedimenti, attraverso una querela per diffamazione presentata alla Polizia Postale.

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