Aggiornamento 8 novembre 2017

Inizia il processo a carico di Marco Cappato, accusato di aiuto al suicidio per aver accompagnato in Svizzera Dj Fabo che, dopo l’appello caduto nel vuoto in Italia, aveva scelto il suicidio assistito lontano da casa.
Non è un processo personale, è un processo di civiltà che, di fatto, pone al centro la battaglia per la legge sul testamento biologico, combattuta  prima ancora che da Fabo, tra gli altri, da Piergiorgio Welby, dal suo medico-anestesista Mario Riccio presente tra i testimoni e Beppino Englaro.

Fu lo stesso Marco Cappato ad autodenunciarsi e, sebbene i pm di Milano Tiziana Siciliano e Sara Arduini avessero chiesto l’archiviazione nei mesi scorsi (o di sollevare una questione di costituzionalità della norma sull’aiuto al suicidio), il gip Luigi Gargiulo ha ordinato l’imputazione coatta. Secondo il gip Cappato non avrebbe solo aiutato dj Fabo a morire ma avrebbe rafforzato il suo “proposito di suicidio”; di diverso parere la Procura per cui Cappato avrebbe aiutato una persona ad esercitare il diritto, lucidamente ponderato dallo stesso dj Fabo, di morire con dignità. Sempre di Cappato la scelto di andare direttamente a processo con rito immediato saltando l’udienza preliminare.

I Radicali, nel frattempo, hanno organizzato un presidio e una campagna social con hashtag “#ConCappato”:

Una chiamata civile ai cittadini italiani che vogliono essere liberi.
Marco oggi rischia 12 anni carcere per aver affermato, da radicale con la sua disobbedienza civile , un diritto inalienabile che il parlamento italiano si ostina a negare a milioni di Italiani, cioè il diritto di decidere come vivere la propria vita fino alla fine. Per questo tutto il Paese deve essergli grato.

Articolo originale del 27 febbraio 2017

Dj Fabo è morto.
Resta il dolore, ma sapere che finalmente è libero, come voleva, non può che essere una notizia bella.

Qualche benpensante pronto a giudicare persino la scelta più privata di un uomo, di certo, dirà che Fabiano Antoniani, 40 anni compiuti il 9 febbraio scorso, ha gettato la spugna e ha rinunciato alla vita. C’è chi dirà addirittura che Fabo non aveva il diritto di farlo, che non si può scegliere di togliersi la vita, non spetta a noi.

Dj Fabo se n’è andato, come aveva scelto, non nel modo in cui avrebbe voluto. Non nel suo letto, non nel suo Paese. Nonostante il video appello lucido e pieno di amore per la vita che aveva indirizzato al Presidente dello Stato Sergio Mattarella, chiedendo alle Istituzioni di regolamentare l’eutanasia e permettere a ogni individuo libero di scegliere, fino alla fine.

Lui che la vita l’ha presa a morsi, anche dopo quell’incidente stradale, che l’ha reso cieco e tetraplegico e ha “immobilizzato in una lunga notte senza fine” il dj ribelle, il fidanzato di Valeria che ha prestato la voce al suo amore, per dire le parole più importanti e chiedere di poter morire, senza dolore. Senza altro dolore.

Fabo è morto alle 11.40. Ha scelto di andarsene rispettando le regole di un Paese che non è il suo.

Con queste parole la morte di dj Fabo è stata annunciata da Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, che ha presentato una proposta di legge per regolamentare l’eutanasia, ferma nel limbo burocratico ed etico della politica da anni.

Le ultime lasciate a noi da dj Fabo, via Twitter, attraverso l’associazione Coscioni sono queste

Sono finalmente arrivato in Svizzera e ci sono arrivato, purtroppo, con le mie forze e non con l’aiuto del mio Stato. Volevo ringraziare una persona che ha potuto sollevarmi da questo inferno di dolore, di dolore, di dolore. Questa persona si chiama Marco Cappato e lo ringrazierò fino alla morte. Grazie Marco. Grazie mille.

Per morire Fabiano Antoniani è dovuto andare lontano da casa, in una clinica in cui ha potuto ricevere il suicidio assistito che lo Stato italiano non consente e su cui non si pronuncia. Nell’ultima visita medica e psicologica Fabiano ha confermato la sua volontà, ancora una volta.
Al suo fianco, Marco Cappato che, ha affermato Filomena Gallo, segretario dell’associazione Luca Coscioni, ora “rischia 12 anni di carcere”.
Le parole con cui Marco ha risposto a Fabiano sono semplici

Grazie a te Fabo

Già, grazie Fabo.
Grazie per non esserti mai arreso quando, in tutti i modi, hai provato a riprenderti la vita scappata dal tuo corpo lasciandoci una testimonianza di coraggio, propositività, tenacia, immensa gioia di vivere.

Grazie per non averlo fatto, quando hai deciso che era tempo di permettere al tuo corpo di fare ciò che, senza le macchine a tenerlo in vita, avrebbe già fatto probabilmente da tempo, morire.

In assenza della possibilità, in Italia, di far valere, in modo lucido e consapevole, il proprio testamento biologico, dj Fabo ci ha lasciato, in testamento, l’estrema testimonianza di un uomo che ha avuto grande amore e rispetto per la vita.

Perché, sia chiaro, che proprio il rispetto per la vita è il valore fondante dell’eutanasia: rispetto per la sua dignità e rispetto per la libertà del singolo individuo, che non può dirsi certo libero finché non gli viene riconosciuto il diritto inalienabile di decidere della propria vita, con lucidità e cognizione di causa, anche quando la vita non ce la fa senza terapie e macchine.
Rispetto! Per qualsiasi tipo di scelta: per chi ama la sua nuova vita, nonostante le difficoltà, nonostante il dolore, nonostante l’impossibilità di guarire e, per fede o volontà personale, decide di protrarla grazie alla scienza il più possibile; e per chi, invece, vuole assecondare consapevolmente un corpo che non vuole più vivere.
Rispetto! Per la rinuncia a un accanimento terapeutico non richiesto mascherato da tutela della vita o dovere morale.

Grazie, dj Fabo, per averci ricordato che un paziente è prima di tutto un uomo e, come tale, non può essere privato della sua legittima e inviolabile scelta di dire basta.

Dj Fabo, per tornare a essere uomo e non paziente è dovuto andare in Svizzera perché, come scrive Roberto Saviano:

Ora dj Fabo è libero. Noi, finché lo Stato non ci ridarà la libertà derubata di scegliere, no.

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