Il Paese del 'si salvino i feti, e muoiano pure i bambini'

In Italia vige una postura bipartisan che Ferdinanda Vigliani nel 2009 riassume bene quando parla di un'etica fasulla che non batte ciglio quando nelle guerre vengono carbonizzati dei bambini che non sono 'progetti di vita', ma soggetti umani, vivi, già nati e in grado di provare sofferenza, ma diventa ipersensibile quando si tratta di esercitare un potere sull'autodeterminazione delle donne".

Il non-nato italiano vale più di una bambina non italiana.

Prendo in prestito le parole di Angela Balzano* – decontestualizzandole dal loro contesto, non dal loro significato -, per scattare la fotografia morale di un Paese, l’Italia, e dell’Occidente dei diritti, proclamati, sbandierati ma intermittenti.

Metto anche le mani avanti per dire che questo non è un J’accuse contro la Destra che fa la Destra, ed è tornata a sventolare i suoi cavalli di battaglia nazionalisti, in passato nascosti ma mai abbandonati. Questo è un J’accuse anche alla Sinistra, che non fa la Sinistra, e si trova più a suo agio a non prendere posizione sull’ascesa dell’estremismo antiabortista cui ha contribuito, senza d’altra parte avere avuto il coraggio di aprire davvero i porti, né di immaginare e operare affinché i flussi migratori diventino – a partire dalla narrazione politica – una risorsa e non un problema; oltre che il dovere morale di mutuo soccorso tra esseri umani. Questo, infine, è un J’accuse a un Paese, di cui faccio parte in quanto cittadina, e a noi tutte e tutti, ‘nessuno si senta escluso’.

Il naufragio del natante che, partito dalla Turchia è andato a spezzarsi davanti alla spiaggia di Steccato di Cutro, in provincia di Crotone, in Calabria, ha causato la morte di quasi 70 morti – bilancio non definitivo – tra cui neonati, bambini e ragazzi. Per quanto, le stragi che da decenni si consumano sulle rotte migratorie, per terra e per mare, sembrino apparentemente slegate dall’anelito antiabortista che muove il nostro e altri Paesi occidentali con rinnovato vigore, chiunque si occupi di demografia, flussi migratori e politica lo sa bene: non è così.

Ribaltare il problema in ottica femminista, permette di stanare la retorica che ha fatto di Famiglia e Natalità due voci aggiuntive al Ministero delle Pari Opportunità. Di nuovo, non è ‘colpa’ della Destra, ma di una postura bipartisan che Ferdinanda Vigliani* nel 2009 riassume bene quando parla di

un’etica fasulla che non batte ciglio quando nelle guerre vengono carbonizzati dei bambini che non sono ‘progetti di vita’, ma soggetti umani, vivi, già nati e in grado di provare sofferenza, ma diventa ipersensibile quando si tratta di esercitare un potere sull’autodeterminazione delle donne.

Che “la società così accanita nel difendere i diritti dell’embrione si disinteressa dei bambini dal momento in cui sono nati”, del resto, Simone De Beauvoir lo scrive già nel 1949.

Il Ministro dell’Interno Piantedosi che dice “La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli”, e colpevolizza le vittime del naufragio strumentalizzando le morti di quelle più piccole, del resto, è lo stesso dei carichi residuali (per definire i naufraghi non ancora fatti sbarcare dalla nave che li aveva tratti in salvo), e convinto sostenitore di un altro eufemismo linguistico: quello delle riammissioni informali, per dire le deportazioni forzate e arbitrarie in Slovenia dei migranti che arrivano dalla rotta balcanica e si giocano il tutto e per tutto, vita compresa, nel cosiddetto The Game.

Dubito però che Pintedosi accetterebbe – e con lui molti colleghi di uguale ma anche diverso colore politico – l’idea che noi si possa smettere di chiamare bambini i prodotti del concepimento: non un eufemismo, ma la definizione medico-scientifica di ciò che viene espulso con l’aborto volontario entro la decima settimana di gravidanza (ottava settimana dopo la fecondazione). Per dire che, in questo caso, l’eufemismo perbenista è il termine ‘bambini’ per indicare materiali organici che bambini non sono, ma ai quali la retorica antiabortista regala emozioni, parole, desideri di vita e timori noti, notissimi, eppure negati fino alla morte, ai bambini che bambini lo sono davvero, e muoiono durante il Game balcanico, in mare o nei vani dei carrelli degli aeroplani. A dirci insomma che la vita dei bambini conta sì, ma solo se circoscritta entro i confini dei reparti di maternità nazionali.

Che “la società così accanita nel difendere i diritti dell’embrione si disinteressa dei bambini dal momento in cui sono nati”, lo vediamo accadere ogni giorno sulle rotte dei migranti, nelle zone di conflitto, nei bordelli del turismo sessuale, agli altari dove arrivano spose bambine; persino nei meandri delle nostre case in cui la violenza sull’infanzia si consuma, senza sollevare l’indignazione dei difensori della vita, della famiglia e dei valori cattolici della tradizione italiana. Gli stessi che, se Nietzsche si fosse sbagliato, e Dio non fosse ancora morto, lo guarderebbero morire un’altra volta senza battere ciglio. Magari in mare. Magari senza degnare la sua tomba, tra le tante in un Palazzetto dello Sport, di nulla più che una battuta o una reprimenda.

Dice Gesù (in Matteo 25,35.43):

Ero straniero e mi avete accolto.

Del resto, il figlio di Dio non era italiano.

* Bibliografia delle citazioni:
  • Angela Balzano, Per farla finita con la famiglia. Dall’aborto alle parentele postumane, Meltemi Editore, 2021.
  • Paola Leonardi, Ferdinanda Vigliani, Perché non abbiamo avuto figliDonne «speciali» si raccontano,  Franco Angeli, 2009.
  • Simone De Beauvoir, Il Secondo sesso, Il Saggiatore (originale: Le Deuxième Sexe, ed. Gallimard, 1949).
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