Femminicidio di Vanessa Ballan: per le forze dell'ordine il caso "non sembrava urgente"

Dopo il femminicidio di Vanessa Ballan nuove polemiche sulla tempestività degli interventi delle forze dell'ordine. La sua denuncia era stata giudicata "non urgente" dal magistrato.

Il femminicidio di Vanessa Ballan ha inevitabilmente riaperto le polemiche sulla tempestività degli interventi delle forze dell’ordine dopo le denunce; perché la ventiseienne di Riese Pio X, uccisa a coltellate nel sottoscala della sua abitazione, aveva denunciato a ottobre per stalking quello che sarebbe il suo assassino, il kosovaro quarantenne Bujar Fandaj, fermato ieri nella sua casa di Altivole, dopo che aveva tentato di crearsi un alibi postando la foto di uno svincolo per la Slovenia, cercando di far credere di essere oltre il confine italiano.

La denuncia di Ballan, fatta dopo l’aggressione nel supermercato dove lavorava, per l’intrusione in casa e per le minacce, da parte dell’uomo con cui aveva intessuto una breve relazione extraconiugale, di pubblicare i loro video e foto intimi, è però finita fra gli altri faldoni, schiacciata dall’iter burocratico e valutata come “non urgente” dal magistrato incaricato di valutarla. Tutto a causa dei tabulati telefonici mancanti all’epoca, che avrebbero potuto far comprendere appieno il grado di gravità.

“Il caso non sembrò urgente – ha spiegato il procuratore capo di Treviso Marco Martani – C’erano elementi forse per un pericolo di attività persecutoria e molesta, ma non per un divieto di avvicinamento. Dopo una perquisizione eseguita nella sua abitazione dopo la querela, da parte di Fandaj non c’erano più stati episodi di molestie, di avvicinamenti o minacce”.

Le denunce che rientrano nel Codice rosso sono trattate in prima battuta dal magistrato di turno esterno, che prende i provvedimenti di immediata urgenza, dopodiché il fascicolo passa al magistrato del gruppo specializzato; nel caso di Ballan, ha spiegato ancora Martani “il magistrato di turno esterno nel giro di un giorno ha disposto la perquisizione e ha disposto che il fascicolo passasse al magistrato di turno fasce deboli. Quest’ultimo non ha ritenuto che ci fosse una situazione che imponesse un’immediata richiesta di misura cautelare ma ha ritenuto di approfondire gli atti di indagine chiedendo i tabulati del telefono di Bujar perché Vanessa aveva cancellato i messaggi dal suo cellulare. Eravamo in attesa della relazione tecnica sul contenuto dei telefonini che avrebbe potuto dirci con esattezza che cosa il quarantenne scriveva alla vittima, la cronologia dei messaggi e quante volte l’avrebbe contattata”.

Il documento, come detto, non è però mai arrivato sul tavolo del magistrato: “Senza i contenuti dei cellulari non si poteva valutare se c’era un immediato pericolo per l’incolumità della donna. La cosa purtroppo si è rivelata tragicamente infondata, ne dobbiamo prendere atto. La verità è che non si ravvisavano gli estremi per prendere l’unica misura cautelare che avrebbe potuto impedire al kosovaro di uccidere, cioè l’arresto in carcere. A posteriori sembra che ci sia stato un errore di valutazione da parte del sostituto procuratore che si è occupato del fascicolo”.

Appare evidente che la gestione dei reati spia, ovvero tutti quei reati indicatori di violenza di genere, vada rivista, nonostante qualche misura esista già, anche in virtù dei miglioramenti apportati dall’ultima legge approvata all’unanimità che prevede, fra le altre cose, una maggiore tempestività nelle misure cautelari e il monitoraggio con braccialetto elettronico.

A mancare è, semmai, il personale per affrontare l’emergenza, ma nel frattempo un dato estremamente indicativo è il calo di denunce, a fronte di un aumento dei delitti: 12491 le segnalazioni per stalking – principalmente da donne – nel 2023,  il 13% in meno rispetto al 2022. La prova tangibile di una sfiducia nelle istituzioni, che non può che peggiorare una situazione già tremendamente complicata da risolvere.

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