In Italia i figli non riconosciuti possono conoscere le proprie origini "dopo 100 anni"

In Italia la legge 184 impedisce ai figli non riconosciuti di scoprire le loro origini, se non dopo 100 anni. Dal 2016, tuttavia, alcune sentenze hanno aperto la possibilità per il figlio di rintracciare la donna che lo ha partorito.

In Italia la legge 184 del 1983, anche chiamata “legge dei cent’anni”, impedisce ai figli non riconosciuti di conoscere il nome di chi li ha messi al modo, o meglio, non permette di risalire alle proprie origini fino al compimento del centesimo anno di età.

Si tratta di una legge che vuole tutelare l’anonimato delle donne che partoriscono, ponendo un limite d’età al quale molte poco persone riusciranno ad accedere.

Dal 2016, tuttavia, alcune sentenze hanno aperto alla possibilità per il figlio o la figlia di chiedere al Tribunale di rintracciare la donna che lo ha partorito per verificare se è sempre intenzionata a mantenere l’anonimato.

Alcune sentenze della Corte costituzionale del 2016, infatti, hanno fatto sì che che il figlio non riconosciuto, compiuti 25 anni, possa presentare una richiesta al tribunale affinché, attraverso un assistente sociale, sia interpellata la madre naturale per sapere “se vuole uscire dall’anonimato”.

Si tratta di una scelta pensata per permettere un eventuale cambio di idee, ma che al tempo stesso potrebbe rappresentare un problema. Una donna, figlia non riconosciuta e adottata a 3 mesi di vita, Claudia Roffino, aveva per esempio dichiarato a Vita a proposito di queste nuove possibilità, che lei stessa difende l’anonimato al parto. “Oggi mette paura la possibilità che dopo 25 anni quel bambino potrà farti cercare da un tribunale”, ha chiarito, riferendosi alla possibilità che i figli ricerchino la madre biologica tramite gli assistenti sociali.

Come ricorda Roffino, su 3mila neonati non riconosciuti alla nascita ogni anno solo 200 di questi vengono partoriti con il parto in anonimato in ospedale, sicuro sia per la madre che per il figlio, riporta il Centro Studi Nisida del Ministero della Giustizia.

Secondo Roffino, la notevole diminuzione nel numero di neonati non riconosciuti, diminuiti in vent’anni del 49,7%, è da imputarsi anche “alla paura di essere ricercata tra 25 anni… a quel punto la donna non va a partorire in anonimato, partorisce da sola e poi se va bene porta il bambino in una culla termica.”.

Alla donna che mi ha messo al mondo è stato assicurato l’anonimato per 100 anni e invece io adesso potrei andare a cercarla”, ha riflettuto Roffino, condannando la possibilità di ricercare le madri compiuti i 25 anni.

Iniziando l’iter della ricerca della madre, inoltre, più persone a quel punto vengono a conoscenza del nome della donna, intaccando la sua privacy, garantita invece dalla legge dei 100 anni.

Di parere opposto sono coloro che invece hanno chiesto la possibilità di poter revocare l’anonimato, basandosi sull’idea che nella vita possono cambiare molte cose, compresa la decisione se incontrare o meno la persona che si è fatta nascere.

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