Quelle parole di Lorena Cesarini e la generosità di esserci, oltre gli insulti

"Non è vero che sono una ragazza italiana come tante, io resto nera". Con queste parole l'attrice, sul palco dell'Ariston per condurre la seconda serata del Festival, ha iniziato il suo monologo sul razzismo: le frasi che le sono state rivolte dai leoni da tastiera l'anno portata a chiedersi il perché la gente si è indignata per la sua presenza all'Ariston.

“A 34 anni scopro che non è vero che sono una ragazza italiana come tante, io resto nera”. Ha iniziato così il suo monologo Lorena Cesarini, l’attrice che ha condotto la seconda puntata del Festival di Sanremo 2022, accanto ad Amadeus.

L’attrice, ha voluto parlare della sua emozione quando ha saputo che il direttore artistico della kermesse aveva chiesto la sua presenza sul palco dell’Ariston, e ha anche voluto parlare di come quell’emozione sia stata annebbiata dalla rabbia quando ha letto la reazione di molte (troppe) persone che su quel palco non la volevano.

La sua esperienza di razzismo 2.0, fatta di insulti a mezzo social, l’ha raccontata con voce tremante e con “ingenua purezza”, come la descrive la scrittrice Djarah Kan nelle sue storie Instagram. E così, guidata dal maxischermo, dove capeggiavano le frasi scritte dai leoni da tastiera (“Non se lo merita”, “L’hanno chiamata perché nera”, “È arrivata l’extracomunitaria”, “Forse l’hanno chiamata per lavare le scale e annaffiare i fiori”) Lorena Cesarini ha iniziato il suo monologo:

“Fino ad oggi a scuola, all’università, al lavoro o sul tram nessuno aveva mai sentito l’urgenza di dirmelo, invece appena Ama dà questa notizia splendida per me certe persone hanno sentito proprio questa urgenza: evidentemente per qualcuno il mio colore della pelle è un problema. Ovviamente all’inizio un pochino, lo ammetto, ci sono rimasta male perché non c’ero abituata. (…) Ma mi è rimasta dentro una domanda: perché? Perché alcuni sentono la necessità di scrivere certe cose sui social, di pubblicare certi post? Perché c’è chi si indigna per la mia presenza sul palco dell’Ariston? Perché c’è della gente che ha un problema con il mio colore della pelle? Io non sono qui per darvi una lezione, non ne sarei neanche capace.”

Per farsi aiutare, Lorena Cesarini ha preso in prestito alcuni passaggi del Il Razzismo spiegato a mia figlia, scritto da Tahar Ben Jelloun. Un libro dove l’autore ragiona insieme alla bambina sul perché si è razzisti, su cosa sia esserlo e su come si possa “guarire”, liberandosi così da stereotipi e preconcetti. Se sia stata incisiva o meno, se abbia colto nel segno o meno con questo monologo, poco importa.

Era vera, nervosa, emozionata e onesta, anche in quel suo modo di ribadire sono italiana, sottolineato anche dal pubblico in sala. Come se la nazionalità fosse un lascia passare per renderci più credibili e meno neri, meno diversi.

E per rubare ancora le parole di Djarah Kan: “Bisogna essere generosi per offrire in pasto a questo Paese la propria fragilità, ma soprattutto la propria pazienza. Ancora. Ancora e ancora. E per quanto critici possiamo essere, lei lo è stata. Lavoriamo affinché le lacrime dei neri italiani non siamo più necessarie a giustificare la nostra esistenza”.

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