È da sempre il simbolo di Roma, e la sua statua mentre accudisce, tenendoli sotto la propria pancia, i gemelli Romolo e Remo è visibile in diversi punti della Città Eterna, dai Musei Capitolini, dove l’originale ha dato il nome alla sala che occupa (chiamata appunto Sala della Lupa), fino ad altre versioni in Campidoglio e ai Fori Romani. Ma, per chi non la conoscesse, ecco come è nata la leggenda della Lupa Capitolina, che ha a che fare con la fondazione della capitale italiana.

La storia racconta che la vestale Rea Silvia – le vestali erano sacerdotesse votate a Vesta e legate al vincolo di verginità – fu fecondata dal dio Marte, che la prese contro la sua volontà mentre la fanciulla era andata a prendere l’acqua, e da quell’unione nacquero due gemelli, Romolo e Remo. Poco tempo dopo Numitore, il nonno dei gemeli, fu cacciato dal fratello Amuilio che aveva usurpato il suo trono (alcune versioni sostengono che Rea Silvia fosse diventata vestale proprio per imposizione di quest’ultimo, che in questo modo avrebbe evitato che la ragazza generasse eredi al trono); Amuilio fece seppellire viva Rea Silvia, secondo la punizione in vigore per le vestali che non rispettavano il voto di castità, ma la fanciulla fu resuscitata dal fiume Aniene, dove il suo corpo fu gettato; l’usurpatore fece poi mettere i bambini in una cesta e, per evitare che un giorno potessero rivendicare il trono, li fece gettare nelle acque del Tevere.

Romolo e Remo vennero trovati proprio da una Lupa, animale sacro a Marte, che si prese cura di loro e li accudì, facendoli bere il proprio latte per farli crescere, fino a quando furono trovati dal pastore Faustolo, che li crebbe assieme alla moglie Acca Larenzia (su cui torneremo fra poco) in una capanna sul Palatino.

Una volta cresciuti, capitò che Remo venne condotto da Numitore, il quale infine lo riconobbe come suo nipote, mentre Romolo, conosciute le proprie origini da Faustolo, radunò un gruppo di compagni e si diresse da Amuilio, sconfiggendolo e dando di nuovo il trono a Numitore.

Rispetto alla figura di Acca Larenzia esiste una seconda versione della “lupa”, portata avanti soprattutto dai Greci che, pur essendo stati dominati dai Romani, ne considerarono sempre la civiltà rozza e inferiore: proprio per questo, alcune interpretazioni identificano la lupa con la parola che in latino significa anche prostituta (parola da cui deriva anche il “lupanare“, luogo dove si esercita la prostituzione).

Per i Greci, quindi, Romolo e Remo sarebbero stati non raccolti dall’animale, ma figli di una prostituta, che li aveva abbandonati appena nati; i due erano stati poi raccolti da una donna comune.

La versione più comune riguarda però la Lupa, le cui rappresentazioni si diffusero in tutta Roma sotto forma di monete, pitture e raffigurazioni varie.

Rispetto alla famosa scultura della Lupa che allatta i gemelli, per molto tempo si pensava fosse stata realizzata da una artista etrusco del V secolo, mentre in tempi più recenti si ritiene sia opera di un artista del tardo Medioevo, e i gemelli sarebbero stati posizionati solo in un secondo momento, intorno al 1471.

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