Marco Pantani, l'Antimafia vuole riaprire il caso: "Bisogna indagare ancora"

A Rimini è aperta ancora un’inchiesta sui punti oscuri che portarono alla morte del Pirata: "Frettolosa conclusione che fosse accidentale o addirittura conseguenza di un suicidio" - si legge.

A distanza di anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 14 febbraio 2014, Marco Pantani continua a essere nel cuore degli italiani, compreso chi non era un grande appassionato di ciclismo, che non poteva non restare affascinato dalla determinazione che metteva ogni volta che si alzava in piedi dal sellino della sua bicicletta per “attaccare” una salita. I misteri sulla sua morte restano però ancora tanti ed è per questo che i suoi familiari hanno più volte sottolineato di volere giustizia.

A muoversi ora è la Commissione parlamentare antimafia attraverso il presidente uscente Nicola Morra, che sta mettendo in evidenza alcune anomalie che sembrerebbero piuttosto evidenti per il modo in cui sono state svolte le indagini.

“L’Autorità giudiziaria accolse immediatamente l’ipotesi dell’accidentalità del decesso, ricondotto all’autoassunzione di sostanze esogene, escludendo del tutto la possibile riferibilità dello stesso ad un’azione omicidiaria” – sono state le parole di Morra. Non dovrebbero inoltre essere trascurare nemmeno le dichiarazioni fatte in Commissione da parte degli operatori sanitari intervenuti sul luogo in cui è stato ritrovato il corpo: “loro hanno escluso la presenza del ‘bolo di cocaina’ rinvenuto poi vicino il cadavere”.

Questo non è però l’unico dubbio avanzato e su cui si vorrebbe maggiore chiarezza. In tanti hanno sempre sostenuto quanto sulla fine di Marco Pantani abbia influito anche quanto accaduto nel 1999, anno in cui era stato escluso dal Giro d’Italia dopo che il livello del suo ematocrito era risultato troppo elevato.

“Nell’effettuare i controlli sugli atleti a Madonna di Campiglio – spiega Morra – non venne rispettato il protocollo siglato dall’Uci con l’ospedale incaricato di eseguirli. In particolare, dal lavoro della Commissione, è emerso che nell’apporre l’etichetta sulla provetta che conteneva il campione ematico di Marco Pantani non vennero seguite le regole imposte per garantirne l’anonimato, essendo presenti altri soggetti, diversi dall’ispettore dell’Uci che avrebbe dovuto essere l’unico a conoscere il numero che contrassegnava la provetta”.

È  stato inoltre accertato che il prelievo di sangue sul campione di Cesenatico venne effettuato alle ore 7.46 e non già alle ore 8.50, come invece indicato nel processo che egli dovette subire per ‘frode sportiva’: questa grossolana difformità, piuttosto singolare – puntualizza il presidente della Commissione parlamentare antimafia – escluse la possibilità che in quel processo fosse valutata l’ipotesi della manipolazione mediante ‘deplasmazione’ del campione ematico”.

A influire sull’esito avrebbero contribuito anche alcune azioni ritenute non idonee: “Come emerso dalla relazione la “deplasmazione” è un’operazione che consente di modificare i valori del sangue contenuto in una provetta: se la provetta viene lasciata ferma in posizione verticale, la parte corpuscolata del sangue contente i globuli rossi precipita sul fondo e la parte meno densa, quella plasmatica, rimane al di sopra. Tale processo avviene in circa 30-60 minuti. Dopo tale tempo se dalla provetta si preleva anche una piccola parte di plasma che si trova in superficie, tutti i parametri ematologici vengono alterati e si avrà una concentrazione più alta del globuli rossi e quindi di emoglobina ed ematocrito ed una diminuzione di piastrine”.
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