Quand’è che l’abuso sui minori, a lungo considerato una questione privata, è diventato un problema pubblico? Il caso della bambina newyorchese di dieci anni Mary Ellen Wilson, risalente al 1874, è generalmente considerato il crimine che diede inizio ai movimenti per i diritti dell’infanzia.

All’epoca, a salvare la piccola (come testimonia la studiosa Lela Costin) fu la Società per la prevenzione della crudeltà verso gli animali (SPCA). Questa Società, basandosi sul fatto che Mary Ellen era, a tutti gli effetti, un “animale”, è intervenuta per salvarla dai suoi feroci genitori adottivi.

Nel dettaglio, Henry Bergh della SPCA dichiarò che “[il] bambino è un animale. Se non c’è giustizia per lui come essere umano, avrà almeno il diritto di non essere abusato”. Bergh e il consigliere della SPCA, Elbridge T. Gerry, hanno quindi dichiarato chela bambina aveva diritto alla protezione ai sensi delle leggi contro la crudeltà sugli animali.

In seguito a questa presa di posizione, la madre adottiva di Mary Ellen, Mary Connolly, fu condannata a un anno di lavori forzati. Mary Ellen sarebbe vissuta fino all’età di 92 anni, morendo nel 1956. Gerry avrebbe in seguito dato vita alla New York Society for the Prevention of Cruelty to Children (NYSPCC), che ha innescato una “rapida crescita” di altre società simili contro le crudeltà sui bambini.

Perché il caso di Mary Ellen risvegliò l’interesse della stampa

“La crudeltà verso i bambini era stata a lungo tollerata”, ha dichiarato Costin. “Perché allora il caso Mary Ellen è servito a stimolare una diffusa risposta filantropica?” Chiaramente la risposta non sta nel trattamento molto crudele riservato alla piccola, ha asserito Costin.

Prima di lei, infatti, molti altri bambini avevano subito gravi soprusi e un ragazzino di tredici anni era anche stato picchiato a morte dal padre. Ma la giustizia non si era mai curata di questi casi, seppur eclatanti. Costin ha affermato che probabilmente il caso di Mary Ellen ha attirato l’attenzione perché si portava dietro un mondo a lungo criticato dalla stampa.

Il caso di Mary Ellen portò infatti alla luce il “grave abbandono da parte degli enti di beneficenza privati ​​​​e pubblici” dei bambini dati in adozione. Questi bambini venivano il più delle volte abbandonati a loro stessi e si trovavano totalmente alla mercé della loro nuova famiglia. Un sistema criticato da un giornale locale, che lo definì un “mercato di bambini“.

Anche la violenza contro le donne all’interno della famiglia iniziò a essere al centro dei movimenti per i diritti delle donne. Questi movimenti contro la violenza tra le mura domestiche portarono alle lotte per il suffragio femminile e alla riforma della legge sul matrimonio. Tuttavia sorse presto un “patriarcato giudiziario” contrastante, volto a mantenere “la supremazia maschile nelle decisioni sui diritti dei genitori e sulle definizioni di cure parentali accettabili”, con i giudici invece dei padri al timone.

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