La figura della matrigna ha subito una sorta di stigmatizzazione nella società, spesso associata a stereotipi negativi quali la cattiveria, l’egoismo e la mancanza di affetto verso i figli altrui. Questo tipo di rappresentazione può essere rintracciato in numerosi racconti popolari, dove le matrigne vengono dipinte come figure malvage e spietate, desiderose di far del male ai bambini che non sono loro figli biologici. Tuttavia, è importante riconoscere che questa percezione distorta della matrigna il più delle volte non corrisponde certo alla realtà.

La storia di Priscilla, 30 anni, suscita particolare interesse dal momento che ha vissuto l’esperienza sia di figliastra che di matrigna. Ha sempre mantenuto un rapporto armonioso con la sua matrigna, tanto che quando si è trovata, da adulta, a ricoprire lo stesso ruolo, ha affrontato la situazione con grande entusiasmo. Per lei, la creazione di una “famiglia ricostituita” è sembrata la cosa più naturale del mondo.

“Ma all’improvviso”, ha raccontato, “vai dal dottore con la tua figliastra e il dottore ti guarda con una certa riluttanza quando gli dici che non sei la madre biologica. Ti rendi conto che se un patrigno si consegna ai figli, è un grande padre, ma se lo fa una matrigna, cerca di prendere il posto della madre, ha cattive intenzioni”.

Improvvisamente, si è ritrovata sotto lo sguardo scrutatore e giudicante delle altre donne alla porta della scuola, coinvolta in una sorta di competizione silenziosa con la ragazza. Con il peso improvviso di questi stereotipi negativi addosso, ha deciso di dare vita, in Spagna, al progetto Somosmadrastras. Qui, donne come lei, figliastre e madri biologiche, possono trovare supporto e risorse per “costruire relazioni più leggere, serene ed emotivamente sane” per sé e le proprie famiglie. Il progetto ha già raggiunto più di 10.000 follower su Instagram.

Grazie al progetto, Priscilla si è resa conto che che tutte condividevano le stesse depressioni, paure e insicurezze. Tutte le matrigne che aderivano vivevano “a singhiozzo”, intrappolate in un inferno emotivo. Prima del mito della mamma cattiva, c’era già quello della donna cattiva, e questo ha contribuito a perpetuare un senso di colpa e inadeguatezza.

Pian piano, gli incontri sono diventati sempre più arricchenti e rilassanti, soprattutto dopo l’adesione al gruppo della psicologa Patricia Burlaud Gomes. La psicologa ha insegnato loro ad essere compassionevoli con loro stesse, a capire che non erano cattive solo perché erano matrigne, e che il sentirsi improvvisamente gelose non le rendeva la matrigna di Cenerentola. “Mi ha dato le chiavi per connettermi con la mia figliastra, aiutandomi a stabilire dei limiti e ad essere responsabile di ciò che voglio per me stessa”, ha raccontato una delle donne.

Le donne che fanno parte del gruppo (qui l’account Instagram) cercano altre donne simili per risolvere sentimenti contrastanti di solitudine, gelosia, angoscia, ansia. Cercano spazio, appartenenza, voce. Quel che si cerca di fare è decostruire un sistema tossico generato dal patriarcato.

“Quando diciamo che siamo matrigne facciamo rumore, diamo fastidio”, ha detto Pri, amministratrice e ambasciatrice di Somosmadrastras. “Quando riusciamo a non competere con i genitori biologici lì rompiamo il sistema politico, strutturale. È qualcosa di super antiquato e se ne parla molto poco. Di questo e del romanticismo della maternità.”

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