La settimana scorsa, in una quarta elementare di una scuola di Pordenone, una bambina di 10 anni si è presentata a scuola con indosso il niqab, il velo integrale di colore scuro che lascia scoperti solo gli occhi. L’episodio è ora diventato un caso politico.

La bambina è nata in Italia da una famiglia musulmana della Nigeria. Quando si è presentata in classe con il niqab la maestra ha deciso di contattare direttamente i genitori della piccola chiedendo loro di far scoprire almeno il volto della bambina, richiesta che i genitori hanno accolto di buon grado. La bambina è infatti tornata a scuola il giorno dopo con l’hijab, il velo o foulard che copre solo la testa e i capelli.

Secondo il Messaggero Veneto nella scuola saranno svolti accertamenti sul caso e i dirigenti scolastici degli istituti comprensivi della città, che da anni lavorano per l’integrazione dei bambini e per il rispetto dei diritti dell’infanzia, sono stati informati.

La notizia è stata diffusa dai genitori degli altri alunni, e presto è diventata un caso politico che il segretario regionale della Lega del Friuli Venezia Giulia, Marco Dreosto, ha promesso di portare in Parlamento. “È arrivato il momento che anche l’Italia prenda iniziative per vietare il niqab a scuola e nei luoghi pubblici, per il rispetto dei diritti delle donne e per la sicurezza pubblica”, ha dichiarato alla stampa.

Il niqab è vietato nei luoghi pubblici in Paesi come la Francia e il Belgio, e anche in Quebec (Canada) dal 2017 e in Danimarca dal 2018. Anche l’Egitto, Paese musulmano, ne ha vietato l’uso nelle scuole.

Ci sono acquisizioni di diritti femminili che non possono essere messe in discussione”, ha detto la segretaria regionale del Pd, Caterina Conti. “Prioritario è il lavoro sull’integrazione contro qualsiasi ghettizzazione, dove attecchisce l’integralismo”.

Il vicesindaco e assessore all’istruzione di Pordenone, Alberto Parigi, di Fdi, ha promesso di far luce sul caso e ha contattato tutti i dirigenti scolastici, nessuno dei quali aveva notizie. Per questo il vicesindaco si è rivolto in particolare alla maestra, affinché spieghi tutti i dettagli dell’episodio.

Sottolineando che la maestra ha agito correttamente, Parigi ha aggiunto che “il mio primo pensiero va alla bambina: intabarrarla a quel modo non ha niente a che fare con l’integrazione. E noi abbiamo il dovere di capire se sia necessario un intervento dei servizi sociali”, ha spiegato.

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