Sabreen Jouda, la neonata simbolo di speranza estratta viva dalla madre uccisa a Rafah

I medici hanno eseguito un cesareo d'urgenza sulla madre, ormai morta, e sono riusciti a far nascere la bimba a 30 settimane. Con lei la piccola ha perso anche il padre e la sorellina.

Non ha nome, solo un nastro attaccato al minuscolo braccio, che riporta la scritta “figlia della martire Sabreen al Sakani”. Ma la neonata nata a trenta settimane grazie a un cesareo d’urgenza effettuato sulla madre già morta, uccisa in un raid israeliano a Rafah, è per molti il simbolo della speranza.

La bambina non ha perso solo la madre, sotto le bombe che hanno devastato la città nel sud della striscia di Gaza e che sono costate la vita in tutto a 16 persone, di cui 9 bambini; con Sabreen al Sakani sono infatti morti anche il marito, Shoukri, e l’altra figlia di tre anni, Malak, che non vedeva l’ora di accogliere quella sorellina, che avrebbe voluto chiamare Rouh, una parola che in arabo significa “spirito”.

Una tragedia senza fine di cui questa neonata, che con ogni probabilità sarà chiamata come la mamma, Sabreen Jouda, rappresenta però lo spiraglio di luce, in mezzo a tanto orrore e dolore. La sua storia è stata raccontata da diversi organi di informazione e agenzie di stampa. “Abbiamo cercato di salvare la paziente”, ha spiegato il dottor Ahmad Fawzi parlando della madre della piccola “Però ci siamo resi conto che era incinta e così abbiamo dovuto fare un cesareo d’urgenza per tentare di salvare la bambina. Grazie a Dio, ci siamo riusciti”.

Trasportata in un ospedale del Kuwait, dove sono stati trasferiti anche i corpi dei suoi familiari, la bambina inizialmente mostrava difficoltà respiratorie, tanto che i medici hanno dovuto pompare aria nella sua bocca. Adesso, per fortuna, la piccola Sabreen Jouda sembra essersi ripresa ma, come ha fatto sapere il capo dell’unità neonatale dell’ospedale, Mohammed Salama, dovrà restare ricoverata per almeno 3 o 4 settimane. Dopo a occuparsi di lei sarà lo zio.

La situazione nella striscia di Gaza si fa sempre più drammatica, e a pagare il prezzo più alto sono spesso i bambini; secondo alcune fonti palestinesi citate da Sky in un altro attacco a Rafah sarebbero stati uccisi 17 bambini e due donne, tutti appartenenti alla stessa famiglia allargata. Umm Kareem, uno dei parenti superstiti, ha raccontato che i piccoli sono stati uccisi mentre dormivano nei loro letti: “Questi bambini dormivano. Cosa hanno fatto? Qual è stata la loro colpa? Donne incinte a casa, bambini che dormono, una donna aveva 80 anni. Che cosa aveva fatto questa donna? Aveva lanciato dei missili?”.

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