Saman Abbas, rinviati a giudizio zio, cugini e genitori. Il processo a febbraio 2023

Sono stati tutti rinviati a giudizio i parenti di Saman Abbas coinvolti nella sua scomparsa: zio, cugini e genitori (che risultano ancora latitanti in Pakistan) andranno a processo l'anno prossimo.

*** Aggiornamento del 18 maggio 2022 ***

Sono state accolte le richieste della Procura di Reggio Emilia che da oltre un anno coordina le indagini dei carabinieri nel caso della scomparsa di Saman Abbas, la diciottenne di Novellara, di origine pachistana, sparita nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021 e presumibilmente uccisa dai familiari per aver rifiutato un matrimonio combinato.

Nelle scorse settimane è stato diffuso il video che immortalerebbe gli ultimi istanti di vita della ragazza, e ora il gup Dario De Luca ha deciso di rinviare a giudizio tutti i parenti coinvolti nel caso.

La prima udienza del processo avrà luogo il 10 febbraio del 2023, e vedrà quindi alla sbarra degli imputati lo zio di Saman Abbas, Danish Hasnain e i due cugini, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, arrestati nei mesi scorsi in Francia e Spagna, dove erano fuggiti, sospettati di essere gli esecutori materiali dell’omicidio; ma anche i genitori della diciottenne, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, padre e madre che risultano tuttora latitanti in Pakistan.

*** Aggiornamento del 14 febbraio 2022 ***

È stato arrestato un altro cugino di Saman Abbas, la ragazza di origini pachistane scomparsa dalla sua casa di Novellara nell’aprile del 2021 e che si pensa sia stata uccisa dallo zio, Danish Hasnain, già preso ed estradato dalla Francia in Italia per essere sottoposto a fermo, con la complicità proprio dei cugini della giovane.

 Nomanhulaq Nonamhulaq è stato arrestato in un appartamento della periferia di Barcellona, con le accuse di sequestro di persona, omicidio e occultamento di cadavere, mentre negli scorsi mesi era già stato preso l’altro, Ikram Ijaz, trovato in Francia come Hasnain.  Restano invece latitanti, al momento, i genitori di Saman Abbas.

Nonamhulaq è stato arrestato dalle forze dell’ordine iberiche grazie alle informazioni condivise con il nucleo investigativo dei carabinieri di Reggio Emilia, città da dove l’uomo era fuggito il 10 maggio, presumibilmente dopo aver commesso l’omicidio. Assieme a lui, ad Hasnain e Ijaz, quel giorno, anche il fratello di Saman Abbas, bloccato al confine tra Italia e Francia e affidato a una comunità, le cui dichiarazioni hanno contribuito a costruire l’impianto accusatorio nei confronti della famiglia della giovane.

A carico dei tre accusati ci sono poi anche le immagini del video, risalente al 29 aprile, il giorno prima della scomparsa di Abbas, in cui si vedono i tre uomini trasportare pale, piede di porco e attrezzi da lavoro. Per gli inquirenti sarebbero serviti a scavare la tomba della ragazza, il cui cadavere non è mai stato ritrovato.

Danish Hasnain, accusato di essere l’esecutore materiale dell’omicidio, davanti al Gip ha intanto negato il suo coinvolgimento, affermando di essere stato incastrato dal fratello Shabbar, padre di Saman Abbas.

*** Aggiornamento del 30 settembre 2021 ***

Si professa innocente Danish Hasnain, lo zio di Saman Abbas accusato di essere l’esecutore materiale dell’omicidio della diciottenne scomparsa da Novellara il 30 aprile.

Arrestato alla periferia di Parigi dalla polizia francese lo scorso 22 settembre, l’uomo rinnega tutte le accuse e, alla giudice della Chambre de l’Instruction della Corte d’Appello che gli notificava la richiesta di estradizione italiana, ha detto “Forse qualcuno mi ha visto? Sono forse uscito di casa?”, rifiutando l’estradizione nel nostro Paese.

Nel frattempo l’organo giudiziario chiamato a decidere sulle richieste di estradizione ha fissato al 20 ottobre la seconda udienza per lui, chiedendo anche all’Italia un complemento di informazione sul caso.

Dopo la lettura delle accuse, in aula, Hasnain ha detto:

Prendo atto di tutto questo, ma è tutto falso. È il padre di Saman che ha detto che era stato lo zio, cioè io. Non capisco come si sia arrivati a questo mandato a livello dell’Interpol.

Dopo l’udienza è stato ricondotto nel carcere di Fresnes, a sud di Parigi, dove è detenuto dalla scorsa settimana dopo il suo arresto nella Val d’Oise.

Quel che di certo c’è è che lo zio fosse in contatto con Nomanulaq Nomanulaq, il cugino ancora latitante, come ha scoperto il nucleo investigativo dei carabinieri di Reggio Emilia, guidati dal maggiore Maurizio Pallante, che proprio per questo hanno deciso di recarsi in Francia per qualche giorno. Grazie all’analisi dei falsi profili social usati da Hasnain in questi mesi di latitanza, i militari sarebbero riusciti a determinare anche la posizione dell’altro cugino latitante, che si troverebbe, come lo zio, proprio nella capitale francese.

*** Articolo originale del 31 agosto 2021 ***

Emergono particolari agghiaccianti quattro mesi dopo la scomparsa di Saman Abbas, la diciottenne pachistana sparita da Novellara il 30 aprile e che si ritiene sia stata uccisa da uno zio, perché intenzionata a rifiutare il matrimonio combinatole dalla famiglia.

Il corpo di Saman non è ancora mai stato ritrovato, ma ulteriori elementi emergono dall’incidente probatorio del fratello minorenne della ragazza, contenuto nell’ordinanza del Riesame di Bologna che ha respinto il ricorso di Ikram Ijaz, cugino di Saman, unico arrestato finora tra i cinque indagati per il suo omicidio.

Il ragazzo, come riporta Il Resto del Carlino, avrebbe parlato di una riunione di famiglia, la sera in cui Saman è scomparsa, e di uno dei partecipanti che avrebbe detto:

io faccio piccoli pezzi e se volete porto anch’io a Guastalla, buttiamo là, perché così non va bene.

Le accuse sul cugino di Saman

Proprio Ijaz, secondo il Tribunale del Riesame, avrebbe partecipato in prima persona alla fase preparatoria del delitto, scavando la buca il 29 aprile, arrivando poi la notte successiva a casa degli zii, assieme a colui che è ritenuto l’autore materiale dell’omicidio, Danish Hasnain, e all’altro cugino Nomanhulaq che, come lui, aveva partecipato alla preparazione. Per il tribunale del Riesame entrambi avrebbero però partecipato anche all’esecuzione materiale del delitto, aiutando Hasnain. Ma a pesare su Ijaz anche la “subitanea fuga all’estero”, del 6 maggio: l’uomo fu infatti arrestato in Francia, visto che dopo la sparizione di Saman tutti i membri della famiglia si sono allontanati da Novellara.

Ancora oggi i genitori della ragazza, lo zio e l’altro cugino, accusati di omicidio premeditato e sequestro di persona, risultano latitanti.

La fuga di Ijaz insieme a Nomanhulaq per raggiungere Hasnain avvalora ulteriormente, secondo il tribunale, “una situazione di complicità tra i tre”, in quanto la fuga sarebbe apparentemente immotivata se non “dalla corresponsabilità nell’omicidio e dalla conseguente necessità di sottrarsi al perseguimento di tale delitto”.

Smentita anche dal datore di lavoro di Ikram la versione, fornita dall’uomo, secondo cui il 29 aprile, quando assieme ad Hasnain e Nomanhulaq è stato ripreso con pale e piede di porco, sarebbe stato impegnato nei lavori di pulizia di una canalina.

Secondo il fratello sedicenne di Saman la sera del 30 aprile lo zio e di seguito i cugini avrebbero raggiunto la casa degli Abbas per unirsi “al collettivo pianto e disperazione per le sorti di Saman”, ma quando Saman sarebbe stata aggredita, poco dopo la mezzanotte, dei cugini non ci sarebbe stata traccia. Eppure, in una chat in possesso degli inquirenti si legge lo zio scrivere a un conoscente “Abbiamo fatto un bel lavoro”, parlando quindi al plurale.

Questo perché il fratello della ragazza ha sostenuto, di fronte agli inquirenti, che lo zio sarebbe stato fortemente spinto a commettere l’omicidio da due cugini, sì, ma altri, non quelli già indagati per il delitto, anche se al momento nessun altro risulta sotto inchiesta per la morte della giovane. Sicuramente, il ragazzo scagiona i genitori: “Mio papà e mamma no. Non hanno mai pensato di fare questa cosa, di uccidere”.

Quando Saman chiedeva aiuto

Parlando con mia madre le dicevo: dai mamma, tu sei una mamma, lui è troppo grande per me, anche lui non vuole sposarsi con me. Lei mi rispondeva che non è una decisione mia.

Questo raccontava Saman ai carabinieri il 3 febbraio scorso, quando ancora era nella comunità protetta, dove si trovava da novembre dopo aver denunciato l’intenzione dei genitori di farla sposare, in Pakistan, con un cugino più grande di lei di 11 anni, in una storia molto simile ad altre già raccontate, come quelle di Hina e Sana. Dichiarazioni che oggi sono riportate nella stessa ordinanza del Riesame.

Dal primo momento in cui ho saputo che la loro intenzione era quella di farmi sposare con mio cugino, io ho detto di non volerlo fare. Le reazioni di mio padre erano violente a livello fisico. Mi picchiava. Una volta, ha lanciato un coltello nella mia direzione e non ha colpito me, ma mio fratello che aveva 15 anni, ferendolo a una mano. Mi picchiava perché io volevo andare a scuola, ma lui non voleva.

Anche il 22 aprile, una settimana prima di sparire, Saman era stata ascoltata: all’epoca era rientrata a casa da soli 11 giorni, e aveva detto alla polizia “Sono disposta a tornare in comunità, ma non in Pakistan”, denunciando in quell’occasione sia le minacce che la sua famiglia avrebbe indirizzato al suo fidanzato, sia il fatto che il padre stesse trattenendo i suoi documenti.

Io sono tornata in casa in quanto volevo entrare in possesso dei miei documenti – è quanto scritto nel verbale – Al mio arrivo i miei genitori non mi hanno picchiata, ma si sono arrabbiati rimproverandomi di tutto quello che avevo fatto nei mesi scorsi, come scappare in Belgio e andare in comunità. Per quanto riguarda i miei documenti, io li ho visti nell’armadio di mio padre, chiusi a chiave. Mia madre e mio padre hanno parlato con i genitori di mio cugino, decidendo che a giugno andremo in Pakistan per il matrimonio con mio cugino.

Il 26 gennaio Shabbar Abbas, secondo Saman, sarebbe andato in Pakistan, per raggiungere la famiglia del suo fidanzato e minacciare di uccidere tutti se il ragazzo non l’avesse lasciata.

Ho molta paura, il padre di Saman è una persona pericolosa e ho paura anche per i miei genitori che sono in Pakistan. Infatti Saman in alcune chiamate mi ha fatto chiaramente capire che suo padre ha già ucciso altre persone sia in Italia che in Pakistan.

Sono le parole del ragazzo, sentito il 5 maggio dai carabinieri, a cui Saman avrebbe riferito che il padre apparterrebbe alla mafia pakistana.

Il movente

Non ha dubbi, il tribunale del Riesame, che confermando il carcere per Ikram Ijaz sostiene che il movente dell’omicidio di Saman “affonda in una temibile sinergia tra i precetti religiosi e i dettami della tradizione locali (che arrivano a vincolare i membri del clan ad una rozza, cieca e assolutamente acritica osservanza pure della direttiva del femminicidio)”. Da Ijaz, si legge ancora nel documento del tribunale, “non è emerso il benché minimo senso di commozione per la terribile sorte della povera giovane che pure è una sua parente, il benché minimo rimprovero per chi ha compiuto un tale gesto, né il minimo dubbio sulla correttezza etica di quei dettami della tradizione in ossequio ai quali l’omicidio è stato commesso. [Ijaz] si è posto freddamente e fedelmente al servizio di un feroce assassino mosso dalla tradizione culturale e religiosa che lui stesso condivide”.

Gli avvocati del fidanzato spingono per la riapertura delle ricerche

Le ricerche del corpo di Saman si sono interrotte il 12 luglio, ma come riporta un altro articolo de Il Resto del Carlino gli avvocati di Ayub Saqib, fidanzato della ragazza, hanno presentato un ricorso urgente al comitato delle sparizioni forzate dell’Onu a Ginevra, “per chiedere che si continui a ricercare ‘cum vita’, ovvero a prescindere dalla fine della povera Saman Abbas, non soltanto in Italia, ma che le ricerche vengano estese con più attenzione anche negli altri Pesi europei dove lo zio e l’altro cugino ancora latitanti si sono mossi, ovvero in direzione Barcellona e Francia”.

Nella stessa richiesta – ha aggiunto il legale, Claudio Falleti – ho chiesto anche che venga lasciato ai genitori di Ayub Saqib un salvacondotto per rientrare in Italia dal Pakistan, visto che sono stati oggetto di minacce da parte dei familiari di Saman, provate da un video e da denunce.

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