*** Aggiornamento del 6 aprile 2022 ***

Purtroppo si spengono le speranze di ritrovare sano e salvo Sasha, il bambino ucraino scomparso a inizio marzo mentre, assieme alla nonna, attraversava il fiume Dnepr per raggiungere la sponda opposta rispetto a quella di Chernobyl. La barca su cui viaggiavano è stata colpita dall’esercito russo, ma, mentre si è saputo subito che la nonna del bambino era rimasta uccisa, del piccolo Sasha si erano perse le tracce.

Benché alcune notizie avessero raccontato, nei giorni scorsi, che il piccolo fosse riuscito ad arrivare in Italia, nelle scorse ore è arrivata la notizia più temuta: il bambino è morto.

Ad annunciarlo è stata la stessa madre di Sasha, il cui vero nome era Alexander, Anna Yakhno.

Abbiamo trovato il corpo di Sasha. Ringrazio chi ha aiutato nella ricerca, tutti coloro che hanno pregato, avuto fede e che mi hanno sostenuto. Sasha, il nostro angioletto è già in cielo. Oggi la sua anima ha trovato pace.

Il bambino si trovava con la nonna nel distretto di Vyshhorod, nella regione di Kiev, quando sono iniziati gli attacchi russi. Dopo la sua scomparsa, la mamma aveva lanciato un appello, rilanciato in Italia dall’Associazione Cittadini del Mondo Odv di Cagliari. Per giorni si sono seguite, intense, le ricerche, gli appelli via social, ma oggi ogni speranza è andata in frantumi.

Sasha si unisce così ai 1500 civili uccisi dall’inizio della guerra, il 24 febbraio, secondo i dati riportati dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani. È una notizia terribile, che si va ad aggiungere a un bilancio tremendo.

*** Articolo originale ***

A inizio marzo si sono perse le tracce di Sasha, un bimbo ucraino di appena 4 anni. Lui e la nonna stavano attraversando il bacino di Kiev sul fiume Dnepr per raggiungere la sponda opposta rispetto a quella di Chernobyl, quando i soldati russi hanno colpito la barca su cui i due si trovavano. La nonna di Sasha è morta, mentre il bambino è riuscito a salvarsi, finendo però disperso. Dopo un mese, dalle testimonianze dei volontari sembra che Sasha sia arrivato in Italia.

Sasha, soprannome di Alexander Zdanovich Yahno, si trovava a casa della nonna materna, in un paese tra Kiev e Chernobyl, sulla sponda occidentale del bacino Kyivs’ke. I due volevano raggiungere i genitori del piccolo sull’altra sponda, ma dopo il bombardamento del ponte di collegamento, l’unica soluzione era attraversare il lago in barca. E così hanno fatto: insieme ad altre quindici persone, il 10 marzo si sono imbarcati, ma purtroppo il viaggio ha preso una piega tragica. I militari russi, infatti, hanno attaccato la barca, e la nonna di Sasha non ce l’ha fatta. Il bimbo ucraino, però, sembra essersi salvato insieme ad altre sei persone ed è stato aiutato da dei volontari.

A quel punto, però, si sono perse le tracce di Sasha. Come racconta Cristina, amica della mamma di Sasha, Anna, nella confusione dei soccorsi probabilmente il bambino è stato portato al confine con la Polonia passando per Leopoli, dove i volontari l’hanno fatto salire su un pullman diretto in Italia con altri bambini rifugiati. Lì, ogni notizia del bimbo ucraino sembra essere sparita, lasciando i genitori nel totale sconforto.

L’amica di famiglia italiana, Cristina, sta cercando di aiutare Anna e il marito a ritrovare il figlio, ma non è affatto facile. La donna, che ora si trova negli Stati Uniti, ha dichiarato al Corriere della Sera: “Ho provato a contattare varie associazioni, anche la Croce Rossa, ma mi dicono tutti che non possono fare molto per via dell’identificazione di un bambino non accompagnato e rifugiato“. A peggiorare la situazione c’è il fatto che i genitori non parlano né italianoinglese, e inoltre “in quel posto hanno problemi di connessione ed elettrici; non è semplice per loro chiamare l’Italia“. I genitori, però, non hanno smesso di cercare Sasha e hanno provato a diffondere un appello sui social con le foto del piccolo. Da lì, qualche segnalazione è arrivata, ma Cristina è scettica: “C’è chi dice che sta a Verona, chi a Napoli, ma non sono segnalazioni convincenti e in ogni caso non siamo in grado di verificarle“.

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