Bruciate vive. Torturate con stecche di ferro arroventate. Crocifisse. Accoltellate. L’elenco delle punizioni riservate alle streghe è sempre stato ampio e variegato, eppure questi non sono esempi da un campionario di orrori risalenti al medioevo, ma quello che succede, oggi, in Papua Nuova Guinea, dove sempre più persone – soprattutto donne e ragazze – sono vittime di violenze indicibili perché accusate di stregoneria.

Come spiegato la dott.ssa Fiona Hukula, esperta di genere per il Forum delle Isole del Pacifico, queste donne sono «spesso torturate, spesso tagliate, violentate sessualmente, vengono private dei loro vestiti e spesso vengono tenute in cattività» solo perché sospettate di essere streghe e aver causato intenzionalmente una morte che appare “sospetta”.

Una situazione che la pandemia da Covid-19 ha solo esacerbato, in un paese in cui l’esitazione vaccinale e il negazionismo sono fenomeni «enormi», spiega Human Rights Watch,

Poiché le accuse di stregoneria sorgono spesso in risposta a una morte o malattia inaspettata in una comunità, l’aumento delle violenze può essere correlato a un aumento dei casi confermati di Covid-19.

Uno studio del 2021 ha analizzato la Sorcery Accusation-Related Violence (o SARV), la violenza legata alle accuse di stregoneria che, dicono i ricercatori Miranda Forsyth, Ibolya Losoncz, Philip Gibbs, Fiona Hukula e William Kipongi è «prevalente in Papua Nuova Guinea».

Solo nel National Capital District (NCD) – la provincia in cui si trova la capitale Port Moresby – sono stati documentate 156 vittime di SARV nei tre anni e mezzo precedenti l’indagine, tra cui 14 morti, 12 vittime che hanno subito lesioni fisiche permanenti e 36 vittime di gravi violenze fisiche come ustioni e tagli.

Cinquantadue persone sono state bruciate, percosse, tagliate, legate o costrette in acqua – o una combinazione di queste cose – per estorcere loro una confessione, proprio come accadeva alle streghe torturate dalla Santa Inquisizione. Allo stesso modo, quasi la metà di questi atti di violenza è avvenuta in luoghi pubblici e, addirittura, in otto casi la tortura è durata più di una settimana.

I dati relativi alle aree rurali, però, mostrano come quello della violenza legata alle accuse di stregoneria non sia un problema solo delle aree vicine alla capitale: complessivamente, infatti, sono state documentate 546 vittime di SARV in solo quattro delle 22 province della PNG in un periodo di quattro anni.

Delitti che, per la maggior parte rimangono impuniti, spesso nemmeno denunciati: solo il 22% delle vittime documentate dallo studio ha presentato denunce e solo in quattro casi sono state mosse accuse. In tutto il paese, ci sono meno di dieci condannati all’anno per SARV, nonostante l‘elevata frequenza dei casi e la natura spesso molto pubblica delle loro violenze.

Come nel caso di Mary Kopari, brutalmente uccisa in seguito alla morte di un bambino di due anni: stava vendendo patate in un mercato quando la folla l’ha catturata e bruciata. La polizia non ha arrestato nessuno, nonostante l’incidente fosse stato filmato e, addirittura, trasmesso dai media locali.

Nessuno viene punito, eppure spesso trovare il colpevole sarebbe facile: nel 31% degli incidenti documentati nella capitale, infatti, le violenze sono state perpetrate da parenti, spesso consanguinei.

Avere dati accurati delle dimensioni globali del fenomeno è impossibile, ma alcune fonti governative citate dalla BBC parlano di almeno 6.000 casi negli ultimi venti anni. Alcune stime, però, suggeriscono che la cifra reale sia molto più alta, con migliaia di persone – per la maggior parte donne e ragazze – accusate ogni anno. Sono spesso soggette a violenze brutali e sessuali.

Numeri impressionanti, ma non isolati. Quello della stregoneria, infatti, è un problema globale: secondo una ricerca, nell’ultimo decennio sarebbero state segnalate oltre 20.000 vittime di attacchi violenti in oltre 60 paesi, tra cui oltre 5.250 omicidi, 60 sparizioni in circostanze sospette, 14.700 tentati omicidi e attacchi fisici, 420 episodi di tratta e ben 90 profanazioni di tombe.

In Papua Nuova Guinea, però, la situazione è particolarmente critica, non solo per l’incidenza del fenomeno, che lo rende sempre più preoccupante, ma anche perché le accuse di stregoneria – e la violenza correlata – si aggiungono a una situazione che per donne e ragazze è una delle più problematiche del pianeta, secondo il report di Human Rights Watch:

PNG rimane uno dei luoghi più pericolosi per essere una donna o una ragazza, in cui la violenza contro donne e bambini è dilagante. Più di due terzi delle donne in PNG sono vittime di violenza domestica. Solo nel mese di giugno 2021 sono stati segnalati 647 casi di violenza domestica a Port Moresby. Uno studio accademico del 2020 ha rilevato che in un periodo di 19 mesi, un’unità di polizia specializzata istituita per ricevere denunce di violenza sessuale a Boroko, Port Moresby, ha registrato una media di 27 denuncianti al mese, il 90% dei quali erano donne e il 74% dei quali erano sotto i 18 anni.

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