In Spagna, durante il periodo del regime di Francisco Franco (1939-1975), il sistema politico e sociale era caratterizzato da una dura repressione politica e una rigida gerarchia sociale. In questo contesto, le donne spagnole hanno subito restrizioni significative nei loro diritti e nelle loro libertà individuali.

Tra le istituzioni che hanno influenzato la vita delle donne in questo periodo c’era il Patronato per la Protezione delle Donne, un’organizzazione istituita dal regime per controllare e regolamentare la vita delle donne spagnole secondo i valori e le ideologie del franchismo.

L’obiettivo ufficiale del Patronato era quello di proteggere e regolare la vita delle donne spagnole; ma la vera natura di questa organizzazione era molto più complessa. In realtà, il Patronato serviva principalmente a promuovere e a imporre il modello di donna idealizzato dal regime franchista, che rifletteva i valori tradizionali e conservatori della società spagnola dell’epoca.

Il Patronato per la Protezione delle Donne aveva una serie di funzioni e compiti, tra cui la supervisione della moralità pubblica e privata delle donne, il controllo della loro partecipazione al mercato del lavoro e la promozione della maternità e della famiglia tradizionale come valori supremi. L’organizzazione operava attraverso una rete di uffici locali che monitoravano e regolavano il comportamento delle donne in vari aspetti della loro vita quotidiana.

Uno degli obiettivi principali del Patronato era il controllo sociale delle donne spagnole attraverso la promozione di un’immagine idealizzata di donna come madre devota e moglie obbediente. Il compito più importante era “riscattare le donne cadute e aiutare coloro che erano in pericolo di caduta”. E con “caduta” si faceva un chiaro riferimento a quei comportamenti giudicati poco consoni al ruolo femminile. Le donne che si discostavano da questo modello rischiavano di essere stigmatizzate e punite.

Durante i più di quarant’anni di dittatura, migliaia di donne hanno ricevuto una minaccia quotidiana: “Se ti comporti male, verrai portata dalle suore”. E comportarsi male significava fare cose come fumare, protestare, avere figli al di fuori del matrimonio.

Secondo la storica Carmen Guillén nella sua tesi sul Consiglio di fondazione, il sistema di controllo sociale era vitale per mantenere la stabilità della dittatura. Guillén sostiene che il ruolo della donna nel trasmettere i valori alla sua prole e nell’indottrinamento era cruciale, e che ciò costituiva una priorità assoluta per il regime.

Donne nate dopo la dissoluzione del Patronato, avvenuta negli anni ’80 del secolo scorso, stanno ora recuperando i ricordi delle persone che l’hanno vissuta. Dallo scorso anno si è verificata una notevole crescita di testimonianze e racconti attraverso articoli, libri, tavole rotonde e podcast.

Tra le varie iniziative, si distingue il podcast De eso no se habla (Non è di questo che parliamo), ideato dalla creatrice Isabel Cadenas Cañón. In questo podcast, Cañón esplora episodi della storia spagnola recente e meno recente, che sono stati dimenticati nel tempo e il durissimo trattamento riservato dal Patronato alle donne, anche molto giovani.

“La democrazia si è dimenticata di noi e quella è stata un’atrocità commessa contro minorenni, che oltre ad altre punizioni e lavoro, sono state sottoposte anche a test di verginità”, denuncia Cadenas Cañón. “Quel sistema carcerario per minorenni era un’atrocità indiscutibile”.

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