“Non sono molti i libri di storia sulla Seconda guerra mondiale e sull’occupazione nazista che si interessano delle politiche di genere”. Così inizia il libro di Baris Alakus, Katharina Kniefacz e Robert Vorberg I bordelli di Himmler. La schiavitù sessuale nei campi di concentramento nazisti, che intende fare luce su un fatto ancora scarsamente analizzato riguardante i crimini di guerra nazisti.

Il libro nasce da una mostra sulla schiavitù sessuale nei campi di concentramento nazisti, promossa da un’associazione austriaca. Questa iniziativa ha offerto uno sguardo crudo e rivelatore su una delle tragedie umane più sconvolgenti del XX secolo.

Se è impossibile stilare “classifiche” fra vittime, le donne risulterebbero comunque ai primi posti. Nelle zone occupate, l’esercito tedesco organizzava rapporti sessuali tra soldati e donne locali, usando la violenza come strumento di dominio e tortura per umiliare il nemico. Fin dai primi anni del regime, si legge, si “iniziò a organizzare in modo centralizzato la prostituzione per uomini “particolarmente importanti a fini strategici”: soldati, membri delle SS e lavoratori forzati”.

La schiavitù sessuale nei campi di concentramento fu una forma organizzata di violenza sessuale che colpì donne di varia origine, classe sociale e condizione economica. Dopo la guerra, a causa di pregiudizi e discriminazioni, spesso venne loro negato lo status di vittime, anche da parte dei loro ex compagni di prigionia.

Margarethe W. è stata una delle poche donne a parlare dell’orrore vissuto durante gli anni bui del nazismo. Emergendo da Buchenwald in condizioni di salute precarie, trovò sostegno solo da due ex internati politici in Germania Est, che l’aiutarono a ottenere una pensione come “vittima politica del nazismo”. Tuttavia, la sua battaglia per il riconoscimento e il sostegno finanziario è stata lunga e frustrante.

Emigrata nella Repubblica Federale Tedesca, Margarethe W. ha continuato a lottare per ottenere un sostegno finanziario adeguato. Solo nel 1988 ha ricevuto un modesto aiuto, ma nel 1990, il giorno stesso della sua morte, le è stata recapitata una decisione che le toglieva il sostegno finanziario.

La storia di Margarethe riflette la tragica realtà di molte altre ex schiave sessuali naziste. “Presumibilmente la maggior parte delle ex schiave sessuali si trovò nel dopoguerra in una situazione simile”, si legge nel libro.  “Se la giustizia non ha perseguito i responsabili della schiavitù sessuale, dal canto suo, nemmeno la ricerca storica è stata in grado di affrontare la questione”.

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