Un manifesto funebre affisso sui muri della città, come sempre accade quando si intende comunicare la scomparsa di qualcuno; poche, semplici parole:

È mancato Adriano Canese, di anni 76, ne dà il triste annuncio il coniuge, Corrado Brun.

E poi un biglietto, anonimo, attaccato chissà da chi e quando: “Fro*i”. Che immediatamente dà tutta la misura della pochezza del suo autore, chiunque sia, della sua miseria umana. Perché chi non è in grado di rispettare non solo l’amore tra due persone, indipendentemente dal sesso, ma anche il dolore dell’una per la perdita dell’altra, definisce solo se stesso, non chi tenta di denigrare.

Lo ha ben analizzato anche l’avvocata Cathy La Torre nel post in cui ha parlato della vicenda: abbiamo di fronte due antipodi, chi ha vissuto il proprio amore alla luce del sole, così come deve essere, e chi invece ha preferito tramare nell’ombra per sentirsi grande, con il risultato di mostrarsi invece solo tanto piccolo.

E se qualcuno, con tutta probabilità, cercherà di minimizzare il gesto riducendolo a una goliardata, una “cosa da ragazzi“, è invece molto importante sottolineare tutti i significati di quel manifesto funebre imbrattato: il pregiudizio strisciante, discriminante, che vorrebbe ricacciare nell’ombra tutto ciò che giudica “diverso” da ciò che è disposto ad accettare, e la forza di un amore che, invece, non intende nascondersi perché conscio di non essere “sbagliato”.

Per anni le persone omosessuali hanno dovuto nascondersi, non vivere liberamente le proprie relazioni, addirittura fingere di essere persone etero con tanto di mariti/mogli e figli annessi. Ma, come dichiara a gran voce il conduttore radiofonico Diego Passoni nel suo post,

nessunə di noi ha la minima intenzione di tornare a nascondersi o permettervi di fingere che non esistiamo

Corrado Bun ha fatto esattamente quello che qualsiasi coniuge affranto per la perdita del partner avrebbe fatto e fa: ne ha comunicato la morte affiggendo manifesti nella sua città, nella loro città, quella in cui per 36 anni hanno vissuto il loro amore. Non ha ritenuto di doverlo evitare per non “urtare la sensibilità” di qualcuno o “non impressionare i bambini”, come certi ancora sostengono cavalcando i destrieri della “pubblica moralità” e del “buon costume”.

Non si è nascosto, perché non aveva motivo di farlo. Chi ha scritto e attaccato quel biglietto, invece, sì. E ha definito se stesso, non certo loro.

A Corrado le nostre più sentite condoglianze per la sua perdita. All’autore/autrice di quel biglietto, invece, l’augurio di poter vivere un amore come il loro, alla luce del sole.

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