Ginevra Bersani Franceschetti, un’economista, ha evidenziato nel suo saggio Il costo della virilità che circa il 90% dei reati sono commessi da uomini. Più specificamente, secondo l’Istat l’82% degli autori di reati sottoposti a procedura penale sono uomini, così come il 92% degli imputati per omicidio, il 95% della popolazione mafiosa, l’83% degli autori di incidenti stradali fatali, l’89% degli usurai e il 92% degli evasori fiscali.

Attraverso un impegno considerevole nella raccolta dei dati, Bersani Franceschetti ha scoperto che la nostra società affronta una spesa annua di 99 miliardi di euro, corrispondente al 5% del Pil, per mitigare le conseguenze della mala educazione impartita agli uomini. Sorge la domanda se l’educazione dovrebbe essere uniformemente orientata verso modelli più in linea con l’approccio femminile.

I dati riportati da Bersani Franceschetti ha colto di sorpresa molti. Questo perché tanti di noi hanno una visione distorta dei reati commessi dalle donne, dal momento che tali casi ricevono una maggiore attenzione mediatica essendo più rari. Come afferma Bersani, c’è un interesse morboso verso le donne coinvolte in atti violenti, con una tendenza immediata a psicanalizzarle.

“C’è una curiosità morbosa verso la donna che commette violenza”, ha detto la studiosa. “Subito si tende a psicanalizzarla. Per ogni reato commesso da una donna, ce ne sono 100 commessi dagli uomini, eppure solitamente non leggiamo articoli che analizzano a fondo la vita di questi criminali”.

Ma quelli che credono che la violenza sia una caratteristica insita nella natura dei maschi si dovranno ricredere. Il gran numero degli atti di violenza perpetrati dagli uomini sono esclusivamente dovuti all’educazione ricevuta. “La prova che i valori della virilità sono trasmessi culturalmente è proprio il fatto che ci sono, sia pur in minori quantità, donne violente e uomini pacifici”, ha spiegato Bersani Franceschetti.

Se esiste la tendenza a vedere il maschio come ‘naturalmente violento’, è perché siamo abituati a percepire il maschio come il modello primario dell’umanità. I comportamenti degli uomini vengono generalmente accettati come la norma, mentre quelli delle donne sono visti come eccezionali o devianti. Questa prospettiva, radicata nel nostro modo di pensare e agire, contribuisce al perpetuarsi del mito della superiorità maschile e della tendenza a considerare la violenza come una manifestazione “naturale” del comportamento maschile.

“La metà della popolazione, e cioè coloro che non sono educate secondo i valori virili [le donne], hanno statisticamente comportamenti più pacifici e altruistici, in linea con la comunità in cui viviamo”, ha dichiarato Bersani Franceschetti. “Qui non si tratta di insegnare ai maschi a mettere lo smalto o a farsi i boccoli, ma di dare un’educazione più orientata all’empatia. L’educazione che diamo alle donne non è perfetta, ma statisticamente migliore. Anzi, lo dico meglio: mentre la cattiva educazione degli uomini fa male alla società, la cattiva educazione delle femmine fa male solo all’individuo”.

Il tipo di formazione ‘virile’ include un’enfasi particolare sulla ricerca della performance, specialmente in campo economico. “Non è un caso che gli uomini si suicidino tre volte più delle donne e la prima ragione è il fallimento economico o l’incapacità di portare il pane a casa”, ha detto Bersani Franceschetti. “Facci caso: mangiare carne rossa è considerato virile, mentre fare la spesa con la sportina di stoffa no. Andare in giro con il Suv 4×4 è virile, parcheggiare alle colonnine l’auto elettrica no”.

La possibile soluzione? Lavorare sull’empatia fin dalla tenera età, all’interno delle scuole. Questi corsi, ha detto Bersani Franceschetti, “sono molto diffusi nei Paesi del nord Europa ed è stato lanciato un pilota anche in Francia, nel settembre 2023. Si tratta di azioni che non hanno una storia così lunga da poterne misurare l’effetto, ma di certo sono una delle cose più immediate che si possono fare. Poi si potrebbero attivare delle leve più pop, attraverso la televisione, la radio e tutte le piattaforme che i giovani possono intercettare. I prodotti di intrattenimento hanno un potere enorme, ai fini della costruzione dell’immaginario, soprattutto durante l’adolescenza”.

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