La “stanza dell’ascolto” verrà introdotta all’ospedale Sant’Anna di Torino con una convenzione firmata con un’associazione antiabortista di ispirazione cattolica.

La convenzione per la “stanza dell’ascolto” è stata firmata dall’Azienda Città della Salute e della Scienza di Torino e dalla federazione regionale del Movimento per la Vita, associazione anti-abortista di ispirazione cattolica, come riporta la stampa.

La “stanza dell’ascolto” è una convenzione sostenuta dall’assessore regionale alle Politiche sociali Maurizio Marrone di Fratelli d’Italia. Secondo Marrone la stanza servirà a porre rimedio al “preoccupante” calo delle nascite e a dare “supporto concreto e vicinanza alle donne incinte per superare le cause che potrebbero indurre alla interruzione della gravidanza attraverso un percorso di sostegno”.

Ma cos’è, in dettaglio, la “stanza dell’ascolto”? La stanza, all’ospedale Sant’Anna, ospiterà un gruppo di volontari e volontarie di Movimento per la Vita, che riceveranno su appuntamento le donne e le persone che intendono abortire.

La convenzione è fortemente criticata da molti gruppi di attiviste, politici e sindacati, preoccupati della presenza in una struttura pubblica e laica di gruppi antiabortisti di ispirazione cattolica, oltre che dell’utilizzo di soldi e strutture pubbliche per sostenere questo tipo di iniziative. “Un delirio oscurantista contro le donne, la loro dignità, la loro libertà, il loro diritto all’autodeterminazione”, ha dichiarato pubblicamente Chiara Appendino, deputata del Movimento 5 Stelle ed ex sindaca di Torino.

L’ospedale Sant’Anna di Torino è il primo in Piemonte per numero di interruzioni volontarie di gravidanza: nel 2021, riporta Ansa, ne sono state effettuate circa 2500, il 90% di quelle effettuate a Torino e il 50% di quelle effettuate a livello regionale.

Il direttore sanitario dell’ospedale Sant’Anna di Torino, Umberto Fiandra, ha detto alla stampa che l’iniziativa è resa possibile dalla legge 194, relativa all’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, approvata nel 1978.

La legge 194 ha molte postille. Un dettaglio relativo alla legge, infatti, permette che le strutture sanitarie si attivino non solo per garantire l’accesso all’aborto, ma anche per esaminare “possibili soluzioni” per aiutare la persona a “rimuovere” le cause che la porterebbero all’aborto, come previsto dall’articolo 5.

Queste concessioni all’interno della legge 194 hanno permesso quindi a gruppi anti-abortisti di inserirsi nelle strutture ospedaliere per contestare il diritto all’aborto.

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