È oro per Yaroslava Mahuchikh. L’atleta ucraina il 19 marzo ha conquistato il primo posto nel podio del salto in alto ai Mondiali indoor di Belgrado, campionato mondiale di atletica leggera tenuto tra il 18 e il 20 marzo 2022. Alla vittoria è seguita la commozione della ragazza, solo ventenne, che si è avvolta nella bandiera giallo-blu del suo Paese. Dopo tre giorni di viaggio, Yaroslava è riuscita a giungere in Serbia, lasciandosi alle spalle una Ucraina martoriata dalle bombe; unico obiettivo della gara: riscatto per tutti i suoi connazionali.

Yaroslava Mahuchikh era tornata a casa dalle Olimpiadi di Tokyo 2022 con una medaglia di bronzo al collo. Aveva gareggiato sempre nel salto in alto dopo aver conquistato una serie di ori in altre competizioni internazionali. Già in quell’occasione aveva dedicato il terzo posto sul podio al suo Paese, sventolando la bandiera dell’Ucraina nello stadio olimpico. Nella competizione a Belgrado, l’atleta ha puntato alla vittoria, sfinita dalla lontananza dalla sua patria, dalle terribili notizie e immagini che giungono, ma determinata più che mai.

Alla fine, seppur impossibilitata ad allenarsi con costanza, Mahuchikh ce l’ha fatta: dopo alcuni errori, con un salto di 2,02 metri ha superato l’australiana Eleanor Patterson (2,00 m) e la kazaka Nadezhda Dubovitskaya (1,98 m), conquistando l’oro. Ha impugnato fiori e bandiera ucraina, sommersa dagli applausi del pubblico; un urlo liberatorio le ha fatto scaricare tutta la tensione. “È durata già troppo, cari russi smettetela di chiamarla operazione militare, fermatevi. È una guerra!” questo il suo messaggio a Putin. La ragazza si è unita così ai colleghi atleti nella protesta contro il conflitto tra Russia e Ucraina.

Yaroslava Mahuchikh ha però raccontato sul sito della Federazione europea di atletica l’enorme dolore e difficoltà nell’arrivare ai Mondiali indoor. Tutto è partito con i primi attacchi all’Ucraina:

“Era il 24 febbraio, alle 4:30 del mattino, quando mi sono svegliata nel mio appartamento di Dnipro a causa dei rumori terribili di esplosioni, colpi di artiglieria e spari. Anche prima di chiamare i miei genitori, avevo capito che era iniziata la guerra. Dopo ore di panico totale, abbiamo lasciato la nostra città per trasferirci in un paesino non lontano da casa. Nessuno pensava ad allenarsi in quel momento perché eravamo costretti a trascorrere giorni interi in cantina solo a monitorare minuto per minuto le notizie da Kiyv, Sumy e Kharkiv.”

Mahuchikh ha proseguito parlando della fuga dal suo Paese, le complicazioni ad allenarsi, l’idea della partecipazione a Belgrado e l’estenuante viaggio fino alla Serbia:

“Pochi giorni dopo ho iniziato ad allenarmi, ma allo stadio all’aperto non si poteva fare nulla. Eravamo in contatto con la federazione di atletica leggera ucraina, con il mio manager Aivar Karotamm e il suo assistente ucraino Oleksandr Krykun, e stavamo tutti cercando il modo migliore – o meglio, più sicuro – per riprendere gli allenamenti: solo allora abbiamo iniziato a pensare alla possibilità di gareggiare qui a Belgrado. È difficile immaginare come si sia riusciti ad organizzarlo, ma in collaborazione con World Athletics, le federazioni di atletica leggera rumena e serba, sono riusciti a organizzare il mio viaggio a Belgrado, un viaggio di quasi 2mila chilometri. Ci sono voluti più di tre giorni per arrivare qui, un viaggio nervoso. Centinaia di telefonate, tanti cambi di direzione, esplosioni, incendi e sirene antiaeree. Mi piacerebbe pensare che fosse solo un incubo, ma questa è la realtà ovunque nel mio Paese oggi. Questa è la realtà della guerra. Siamo arrivati a Belgrado il 9 marzo, ma è stato impossibile mantenere la concentrazione.”

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