Donna morsa da un lupo a Lucca e altri 3 orsi da abbattere. Il rischio dell'allarmismo

Dall’aggressione mortale in Trentino al presunto attacco di un lupo in Toscana, c’è il rischio concreto di esasperare l'allarmismo. Attenzione, sì, ma con consapevolezza. Sicuri che abbattere gli animali sia la soluzione?

Dopo la morte del giovane ventiseienne Andrea Papi, ucciso da un orso mentre si allenava nei boschi di Caldes, in Val di Sole, che porterà in tutto all’abbattimento di quattro orsi, un nuovo caso di aggressione da parte di un animale selvatico scuote l’opinione pubblica. Vittima del secondo attacco una cinquantenne, che sarebbe stata morsa da un lupo nel tentativo di difendere il proprio cane, mentre passeggiava in una zona isolata di Porcari, comune in provincia di Lucca.

A riportare l’accaduto è il sindaco del comune toscano, Leonardo Fornaciari. Uscita malconcia dall’inatteso e poco gradevole incontro con il lupo, la vittima ha riportato ferite da morso alla mano e all’avambraccio, che hanno necessitato l’applicazione alcuni punti di sutura e l’avvio di terapia antitetanica e antirabbica. Il primo cittadino di Porcari ha tenuto, comunque, a voler abbassare i toni e contenere l’allarmismo, chiedendo ai concittadini di prestare attenzione in caso di passeggiate in zone isolate.

In merito all’aggressione in Val di Sole, invece, dopo aver firmato l’ordinanza per l’abbattimento dell’orso (che sarebbe un esemplare di femmina già protagonista di un’aggressione nel 2020) che ha causato la morte di Andrea Papi, il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, ha apposto la propria firma e dato il via libera all’abbattimento di altri tre esemplari ritenuti pericolosi e già in passato protagonisti di attacchi a persone. La decisione è arrivata al termine di un vertice tenutosi a Roma con il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, e il presidente Ispra, Stefano Laporta.

Due casi distinti, consumatisi in contesti completamente differenti, ma che rischiano di scatenare un allarmismo esasperato e far perdere di vista motivazioni reali e soluzioni possibili a problematiche comunque da non sottovalutare. Da indagare, infatti, ci sarebbero le cause che hanno portato alle aggressioni e ciò che, evidentemente, non ha funzionato nei piani di gestione del territorio.

Ed è per questo che nel corso della consultazione in Ministero sul caso Papi, le parti hanno stabilito l’istituzione di un tavolo tecnico di confronto che, partendo dalle nuove criticità emerse, stabilisca in tempi brevi l’avvio delle migliori procedure per ridare sicurezza all’originario progetto di reintroduzione dell’orso nell’arco alpino. In valutazione anche la possibilità di avviare un piano di trasferimento di massa degli orsi, così da portare “a regime” la loro presenza nel territorio della Provincia di Trento, con un numero di esemplari ritenuto sostenibile per il territorio.

Perché, come sottolineato anche da Alessia Gregori, fidanzata di Andrea Papi, al Corriere del Trentino:

Il problema è la situazione mal gestita nel progetto Life Ursus, che è sfuggita di mano. Ok abbattere l’orso che ha ucciso Andrea, ma questa non deve diventare la soluzione al problema. Perché, eliminato un orso ne rimarranno sempre tanti altri pericolosi.

Partendo quindi dal presupposto che le persone che abitano a stretto ridosso di territori dove la presenza di animali selvatici è importante non possano uscire di casa con il terrore, è anche vero che occorre necessariamente distinguere l’allarmismo dall’allarme, e che non si possa pensare che gli animali smettano di agire in quanto tali. Da lì quindi il necessario mea culpa delle istituzioni sugli errori nella gestione della fauna selvatica – caso diverso riguarda invece l’Abruzzo, che è un modello virtuoso di convivenza tra uomo e animali proprio grazie alla gestione oculata – e l’indispensabilità di ripensarne l’esistenza sul territorio.

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