Torino: l'inferno di Elena, 16 volte in ospedale per le botte del marito. Condannato a 5 anni

Costretta a dormire in balcone accanto alla cuccia del cane e a recarsi al lavoro con i vestiti che "puzzavano di urina dell'animale". Un inferno la storia di Elena, finita al Pronto Soccorso per 16 volte per le botte ricevute dal marito, ora condannato a 5 anni e mezzo.

Un “inferno”, così La Stampa ha definito quanto vissuto da Elena – non si conosce il cognome della donna protagonista della vicenda -, riassunto nelle 34 pagine di motivazioni con cui, lo scorso dicembre, la giudice Francesca Roseti ha condannato il marito a 5 anni e 6 mesi di reclusione.

La Stampa ha fatto una precisa scelta, su cui ci sentiamo di concordare, nel non pubblicare le generalità dell’uomo: una scelta fatta nel rispetto dei quattro figli, minori di 14 anni, che portano il cognome del padre.

La loro madre, Elena, cuoca quarantaseienne, dal 2011 al 2022 ha subito una persecuzione psicologica e fisica senza precedenti, che va ben al di là della già tremenda definizione di maltrattamenti. Fra gli atti dell’inchiesta seguita dal pm Enzo Bucarelli si registrano 16 accessi della donna ai Pronto Soccorso di Torino e provincia. Accessi che, si presume, fossero richiesti dalle botte che Elena prendeva in casa dal marito, omettendo tuttavia, come si legge ancora negli atti ufficiali, “di denunciarlo, presentandosi nelle strutture sanitarie e adducendo motivazioni differenti da quelle effettive” dal momento in cui “Temeva per la sua vita e questa paura derivava anche dalla sorte patita in passato da una sua amica vittima di femminicidio“.

Secondo la giudice Roseti la quarantaseienne avrebbe “subito almeno dieci anni di reiterati e gravi atti di violenza fisica nonché di minacce di morte per sé, per i figli tali da vivere un costante stato d’ansia e umiliazione e di timore per la propria incolumità fisica”. Fra le prove presentate in aula il trauma cranico provocatole dal marito il 18 maggio 2012; le percosse in auto, il 26 gennaio 2015, dopo aver fermato l’auto su cui viaggiava assieme anche ai figli alla cosiddetta “curva delle cento lire” a Torino: “La percuoteva con tale veemenza da rendere necessario il ricovero”, si legge nei documenti redatti dalla magistrata. In quell’occasione inoltre Elena era incinta dell’ultimo figlio, e sarà dimessa con questo referto: “Sei costole incrinate e minaccia di travaglio per distacco della placenta“. Altro trauma cranico quello certificato dai medici dell’ospedale di Ciriè il 15 luglio 2016, con prognosi di. E ancora, a febbraio e a settembre del 2020 l’imputato “fratturava intenzionalmente alla moglie il dito medio destro e l’anulare della mano sinistra”.

Elena sarebbe stata anche costretta a dormire “per almeno tre volte” seminuda, in balcone, accanto alla cuccia del cane, e obbligata “il mattino successivo a recarsi al lavoro coi vestiti che puzzavano di urina dell’animale”.

Alla donna è stato diagnosticato anche un “accentuato disturbo della vista da edema retinico” dopo essersi presentata all’ospedale Oftalmico di Torino il 20 settembre 2021 con un occhio nero. Infine, il 23 dicembre 2022 è stata colpita “con scarpe anti-infortunistiche, afferrandola per i capelli e sbattendole la testa contro un guardrail”.

Durante le audizioni, in forma protetta, sono stati ascoltati anche i figli.

Quando arrivava la polizia papà scappava nel sottotetto e noi dovevamo aiutare la mamma a pulire il sangue dal pavimento. Lei ci diceva che se avessimo parlato papà avrebbe ucciso prima lei e poi noi.

È stata la loro testimonianza in aula. Dopo la condanna in primo grado per l’imputato, che spesso agiva sotto effetto di alcool e sostanze stupefacenti, sono stati disposti i domiciliari, poi tramutati in ritorno in carcere dopo che i controlli nella sua abitazione hanno trovato di nuovo droga.

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