Filippo Turetta potrebbe arrivare in Italia domani; per lui le ipotesi sui capi d’imputazione parlano di omicidio volontario aggravato dal vincolo affettivo e di sequestro di persona, e non è esclusa la possibilità che possano essergli contestate anche le aggravanti della premeditazione e della crudeltà.

Nel frattempo, a far discutere sono alcuni post pubblicati sui social dal suo avvocato d’ufficio, Emanuele Compagno, recuperati da Selvaggia Lucarelli, che li ha poi condivisi nelle proprie storie e nel feed di Instagram.

In particolare, Lucarelli ha riportato un video condiviso da Compagno sul suo canale YouTube circa due anni fa, nel quale, discutendo delle false accuse di violenza sessuale, il legale sostiene che il momento del rapporto sessuale sia paragonabile a una sorta di “ubriacatura”, guidato dall’irrazionalità, e che quindi sia difficile, a meno di segnali chiari e inequivocabili, accorgersi che il consenso della persona coinvolta viene meno.

Ma i post “discutibili” di Compagno non si esauriscono qui; Selvaggia Lucarelli reposta nelle storie alcuni dei post pubblicati negli anni passati dall’avvocato, a partire da quello in cui, nella giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne di tre anni fa, sottolinea come “ci siano anche donne che uccidono gli uomini”.

Fonte: instagram @selvaggialucarelli

Peccato che il termine “maschicidio”, come più volte dimostrato, sia solo una forzatura linguistica che non rispecchia una realtà sociale concreta e il cui unico esito è quello di spostare l’attenzione dal problema dei femminicidi, decontestualizzando la tematica. Come abbiamo ampiamente spiegato nell’articolo che segue, evidenziando proprio quali siano le ragioni per cui è errato utilizzare il termine “maschicidio” in contrapposizione a “femminicidio”, gli uomini sono vittime di violenza, e questo è innegabile, ma non vengono uccisi in quanto oppressi da un sistema socioculturale che a lungo ne ha represso l’identità; del resto, questo è anche il motivo per cui non tutte le uccisioni di donne sono da intendersi come femminicidio, che, anche da definizione di Devoto-Oli 2009, indica una precisa fattispecie di omicidio perpetrata ai danni di una donna in quanto tale, “in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l’identità”.

Lucarelli riporta poi un post del 2015 in cui il legale, in occasione della notte di Halloween, parla di ragazzine “vestite come p*ttane”. Un lampante esempio di slut shaming che, anche accettando il fatto che ciò che scriviamo su un social possa non definirci (almeno non in maniera totale) come persone, quantomeno lascia perplessi sull’appropriatezza di certe esternazioni da parte di un uomo di legge, che del proprio linguaggio – soprattutto se pubblico – dovrebbe fare la chiave di lettura principale rispetto alla propria figura.

Fonte: instagram @selvaggialucarelli

Qualcuno potrebbe obiettare che “con gli anni si matura”, e anche concedendo il beneficio del dubbio su questo punto – fermo restando che nel 2015 Emanuele Compagno non fosse comunque un acerbo adolescente con idee sommarie e confuse (per chiarezza di informazione, ha aperto il proprio studio legale nel 2011) – Lucarelli fa notare che le cose non sono migliorate in tempi più recenti, con un’invettiva contro le relazioni tossiche che, peraltro, la riguarda da vicino.

Fonte: instagram @selvaggialucarelli

Questa psicosi che ci vuole stalker se corteggiamo una persona – si legge nel post, datato 2021 – vittime ad ogni costo se una persona ci fa un complimento che deve essere vissuto come molestia in ogni caso.

Lucarelli non è però la sola ad aver sollevato dubbi su alcuni dei post di Compagno; in precedenza, anche la giornalista del Fatto Quotidiano Charlotte Matteini aveva ripostato, fra le proprie storie, questa, datata sempre 2021.

Fonte: instagram @charlymatt

Se queste parole potrebbero dare adito a qualche pensiero anche se circoscritte fra le quattro mura di una stanza, o relegate al rango di classica “chiacchiera da bar”, che a pronunciarle sia l’uomo che, di fatto, si appresta a difendere un ragazzo accusato di aver rapito, picchiato e ucciso, probabilmente in maniera premeditata, l’ex fidanzata, fa quantomeno porre un interrogativo; sul tipo di impianto difensivo che potrà impostare in aula, ma soprattutto sul tipo di processo che potremmo o dovremmo aspettarci.

Per il momento, la sola cosa trapelata circa l’idea difensiva di Compagno, ascoltato da Porta a Porta, sembra riguardare l’ipotesi di una perizia psichiatrica per Turetta, che, ha spiegato il legale, “può essere utile per verificare cosa sia successo”.

È molto presto per pensarci, però è ovvio che se ce ne sarà bisogno lo faremo. Questo tipo di aspetto va indagato perché nessuno finora aveva avuto alcun sospetto su Filippo, un ragazzo descritto come dedito allo studio, allo sport, un ragazzo d’oro che aiutava gli altri“.

Il refrain sembra essere lo stesso, quello della retorica del “bravo ragazzo” la cui narrazione riempie, puntualmente, le pagine di cronaca sui femminicidi. E non è certamente un buon presupposto da cui partire.

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